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Intervista a Massimo Iannella

 

Intervista a: Massimo Iannella

 

Massimo Iannella

 

Personaggio molto noto nel panorama acquariofilo nazionale ed estero, Massimo Iannella ha disegnato autonomamente il proprio percorso sulla spinta del profondo amore che indissolubilmente lo lega alle piante acquatiche e palustri, arrivando con professionalità e dedizione a guadagnarsi la considerazione da parte di alcune delle più importanti aziende internazionali produttrici di piante d'acquario.

AquaExperience lo ha intervistato per voi ... Buona lettura

 

Fotogallery Intervista a Massimo Iannella

 

1. Ciao Massimo. Vorrei iniziare questa amichevole chiacchierata con una tua presentazione, a beneficio di chi non ti conosce.
Chi è Massimo Iannella? Da quanto ti occupi di piante acquatiche e palustri? Quali i principali tasselli che hanno caratterizzato il tuo percorso formativo in questo settore?

Ciao Andrea,
grazie per l’interessamento alla mia persona e RareAquaticPlants.
Iniziamo col dire che prima delle piante acquatiche ho svolto alcuni lavori nel settore florovivaistico nella coltivazione dei fiori, dei Bonsai e nelle semine in genere per cercare di dare un senso al mio Diploma di Agrotecnico. Mi occupo quasi per gioco delle piante acquatiche da circa 10 anni. A quella data risalgono alcune fotografie che non ho mai pubblicato e che ci tengo a far vedere su AquaExperience.it in modo da far comprendere come nasce un appassionato partendo davvero dal basso.
Ad un certo punto della mia vita ho avuto il bisogno di realizzare un acquario scoprendo la realtà delle piante acquatiche ed il fascino legato al mondo sommerso. Ho voluto subito fare delle prove di riproduzione in modo da avere sempre a disposizione del “materiale vivo” da introdurre in acquario in caso di morte delle piante. Dalle prime prove empiriche nella coltivazione in emersione delle piante per acquario più comuni, ho assaporato uno spietato fallimento per le grandi difficoltà che si sono presentate e sono passato subito dopo alla costruzione di una piccola serra in policarbonato alveolare ed alluminio. Quì le cose sono andate diversamente ottenendo nel tempo anche qualche buon risultato. Basta dire che per garantire umidità sufficiente mi inventai un impianto Fog partendo dal motore di una idropulitrice attaccata a dei tubi in ferro provvisti di ugelli ad alta pressione. Una diavoleria senza pari!

 

La prima serra - Foto per gentile concessione: Massimo Iannella

Massimo nella sua prima serra - Foto per gentile concessione: Massimo Iannella

2007 - Primo sistema idroponico di Massimo - Foto per gentile concessione Massimo Iannella

 

Ho capito subito che tra la pratica e la teoria c’era un abisso. Infatti non esistono (volutamente) documenti ed argomentazioni per capire come portare avanti una serra di piante acquatiche, così ho dovuto affrontare da solo e con enorme difficoltà ogni genere di problema, commettendo innumerevoli errori e perdita di moltissime piante acquatiche e madri vecchie di anni. Per non parlare poi dell’esperienza nella coltivazione direttamente in acquario di piante più rare e difficili che hanno determinato una difficoltosa ricerca in tutto il mondo, un’enorme spesa ed un costante studio della Biologia vegetale. Anche qui ho dovuto fare moltissime prove ed installare sempre nuovi acquari con caratteristiche diverse per garantire delle condizioni ambientali dedicate a certe specie vegetali. Nel corso degli anni, dove ho maturato una buona esperienza soprattutto quella di “non sbagliare per non spendere troppi soldi”, ho realizzato un’altra serra ben più grande della prima dotata di impianti professionali di condizionamento, forzatura della ventilazione, impianti Idroponici, Fog System ed altro ancora. Da questo momento in poi le cose sono cambiate totalmente ed ho ottenuto importanti risultati non che una buona logistica per effettuare moltissimi test sulle piante acquatiche e prodotti annessi.

 

La seconda serra - Foto per gentile concessione: Massimo Iannella

 

Oggi sono un po' uscito dal ruolo di “esclusivo” protagonista di RareAquaticPlants e dedico la mia esperienza prevalentemente come Consulente Tecnico dell’Azienda che si propone agli appassionati attraverso un sito ufficiale, un nuovo forum ed un negozio online specializzato per Acquariologia e Piante acquatiche.

 

2. Tra gli appassionati il tuo nome è ormai sinonimo di "piante acquatiche rare", anche soprattutto per via dei tuoi due progetti web: "RAP" (Rare Aquatic Plants) e "IRAP" (Italian Rare Aquatic Plants). Dove ha origine questa tua passione per le specie poco note? Cosa rappresentano RAP e IRAP, e quali le rispettive finalità?

In realtà per molti anni non mi sono reso conto neanche io che il mio nome girasse in rete così spesso e a volte mi sono trovato anche in difficoltà per questo. Infatti quando sei conosciuto non è facile intervenire nei forum di settore rimanendo imparziale, peggio ancora adesso che esiste anche uno Shop di RAP. La “visione” che hanno di te gli appassionati cambia totalmente e resta difficile dimostrare che in questi nuovi panni la persona è rimasta quella di prima.
La passione per le specie rare nasce per il fatto che in breve tempo ho coltivato praticamente tutte le piante acquatiche esistenti in commercio ed ho sentito presto l’esigenza di spingermi a sfide sempre più difficili. Questo mi ha portato ad una estenuante ricerca in tutto il mondo di piante sempre più particolari, difficili e rare per cercare di coltivarle al meglio e fornire una documentazione tecnica in modo da facilitare gli appassionati nel gestirle in acquario. In questi anni ho collezionato oltre 500 taxa ed effettuato moltissime fotografie di piante e loro infiorescenze mai apparse prima in rete. Molte di queste specie oggi non sono ancora classificate dalla Scienza ed alcuni miei esemplari sono depositati presso lo Smithsonian Department per lo studio da parte di Botanici internazionali. La finalità di RareAquaticPlants è impressa nella linea guida che ho sempre mantenuto in tanti anni e confermata ancora oggi anche con la nascita dell’Azienda. Gli obiettivi principali sono quelli di far comprendere agli appassionati il perchè di una scelta, di un intervento in acquario o dell’uso di un prodotto cercando di far crescere la cultura acquariofila con la consapevolezza di ciò che si fa. Ho voluto descrivere ogni cosa sempre dal punto di vista di un appassionato e oggi la mia consulenza all’azienda è indirizzata esclusivamente nel proporre agli hobbysti prodotti validi, realmente utili in acquario e mai il contrario. Prodotti che nella maggior parte dei casi sono testati e messi a dura prova dal sottoscritto. Stesso discorso vale anche per le piante acquatiche che vengono proposte continuamente.

IRAP invece è un progetto nato insieme all’amico ed Esperto Roberto Pellegrini, punto di riferimento in Italia per quanto riguarda le piante acquatiche autoctone e non, per divulgare e sensibilizzare gli appassionati sulle nostre specie Italiane in via di estinzione e sulla loro tutela e conservazione. Attualmente il progetto purtroppo è fermo a causa dei numerosi impegni delle persone coinvolte ma speriamo di riprenderlo anche nel nuovo forum di RAP.

 

Ludwigia inclinata verticillata pantanal - Foto per gentile concessione: Massimo Iannella

Ludwigia sphaerocarpa - Foto per gentile concessione: Massimo Iannella

Syngonanthus macrocaulon aka tonina belem - Foto per gentile concessione: Massimo Iannella

 

3. So che collabori attivamente con aziende internazionali che producono e vendono piante per acquario, e che tra le loro disponibilità vi sono specie la cui comparsa sul mercato è dovuta principalmente o esclusivamente al tuo lavoro di test e ricerca. Quanto è lungo e difficoltoso l'iter per l'immissione sul mercato di una nuova specie, fino a poco prima assente dai listini? E in base a quali criteri le aziende scelgono su quali specie puntare e quali invece snobbare?

Questo è un argomento molto interessante che gli appassionati conosco poco o nulla. Iniziamo col dire che alcune Aziende non mi hanno direttamente interpellato per lavorare insieme, ma hanno carpito continuamente informazioni, foto, test, etc., da RareAquaticPlants per valutare la possibilità di produrre una determinata specie o meno. Parlo non solo di Aziende Italiane ma anche Internazionali. E’ stato messo in campo spesso un lavoro poco corretto, dove queste Aziende hanno cercato di reperire le mie piante attraverso strade indirette per poi produrle su larga scala ed immetterle sul mercato. Ciò si evince chiaramente anche dal fatto che le loro etichette riportano esattamente i nomi delle piante che ho formulato personalmente e che sono presenti su RAP, a volte anche con gli stessi errori.
Collaboro da alcuni anni come Planta Tester con "Tropica Aquarium Plants" a cui propongo e fornisco anche nuove specie vegetali acquatiche oltre a quelle che mi inviano per fare dei Test di coltivazione. Poco tempo fa sono stato contattato anche dal colosso "Dennerle" e successivamente ci siamo incontrati a Roma con Mr. Stefan Hummel perchè l’Azienda Tedesca sta valutando se inserirmi nel loro Team di Collaboratori per quanto riguarda i Test sulle piante acquatiche e per la realizzazione di altri progetti che ho proposto loro. Ultimamente ho lavorato, attraverso lunghissimi test, su una particolare pianta, una forma di Anubias selezionata da Stefan Hummel tra le Anubias barteri var. nana ‘Bonsai’ prodotte in vitro (coltura meristematica) da Dennerle. Questa pianta è la più piccola Anubias esistente al mondo a cui personalmente ho dato il nome Anubias barteri var. nana ‘Pangolino’ . Ci sono altri progetti in cantiere che pian piano verranno resi noti al pubblico degli appassionati Nazionali ed Internazionali.

 

Anubias barteri var. nana Pangolino - Foto per gentile concessione: Massimo Iannella

 

Mi sono dilungato ma ora torno alla tua domanda. L’iter di produzione di una pianta acquatica è molto lungo e complesso non che oneroso. In linea generale le Aziende florovivaisteche effettuano questi passaggi prima di immettere una nuova pianta acquatica sul mercato:

Passaggio 1 - Reperimento della specie e coltivazione in acquario per verificare caratteristiche importanti come adattabilità a diverse condizioni, colore, morfologia, incrementi di crescita, riproduzione e difficoltà di mantenimento in acquario. In questa fase le Aziende valutano i Feedbacks degli esperti interni e dei collaboratori esterni osservando anche foto e leggendo le relazioni tecniche presentate. Successivamente si assegna un valore di “commerciabilità” che si pone come l’aspetto più importante che permette di procedere ai passaggi successivi. In questo passaggio si valuta anche un altro aspetto che è determinante: il cambiamento di morfologia della pianta in esame da sommerso a emerso. Infatti qualora questa differenza fosse troppo accentuata la pianta non verrà prodotta perchè risulterà difficilmente “appetibile” dagli acquirenti. Un vasetto di una certa specie appena giunto in negozio e messo nello stabulario, deve attirare un appassionato per il colore e la forma. Spesso ci troviamo di fronte a specie che mostrano in emersione foglie totalmente verdi che poi in acquario diventano molto rosse e ciò diventa molto difficile da far capire ad un acquirente che in quel momento vuole effettuare un acquisto. E’ una “responsabilità” per buona parte dell’Azienda produttrice, successivamente ed in maniera molto più ridotta, del negoziante (che troppo spesso non è a conoscenza di questi aspetti relativi alle piante). Le Aziende sono consapevoli di tutto ciò e magari preferiscono produrre ad es. un Myriophyllum tuberculatum direttamente in vasca che invece proporlo di coltivazione emersa perchè possiede morfologia e colore che non interesserebbe a nessuno.
Diciamo che questo primo punto è il mio ruolo principale del rapporto che ho con le Serre di produzione.

Passaggio 2 - Superata la prima fase, di durata variabile in base alla specie vegetale trattata, si effettuano moltissime prove in laboratorio di meristematica per riprodurre la pianta in vitro. Questo passaggio è molto lungo ed impiega tempo e notevoli risorse per capire quanto una specie possa essere riprodotta con facilità e su grandi numeri. Successivamente, in caso di esito positivo, si procede alla valutazione della risposta della pianta coltivata in emersione. Questo aspetto è molto importante perchè quasi tutte le specie vegetali che utilizziamo in acquario provengono da coltivazione emersa che permette una migliore gestione ed incrementi produttivi ben più elevati rispetto alla coltivazione in vasche di produzione (riservate solo a piante esclusivamente acquatiche come ad es. Cabomba sp. Egeria sp., etc.).

Passaggio 3 - Nell’ultima fase la pianta acquatica in esame si mette in produzione su enormi bancali dedicando interi settori alla nuova specie. In questo passaggio si valuta praticamente la velocità di tutto l’iter di produzione cercando di capire in che tempi si riesce ad avere una grande disponibilità di questo prodotto da immettere sul mercato.

A grandi linee l’iter è questo ma può variare dalle scelte del Produttore. In pratica per svolgere le fasi descritte occorrono da 1 a 3 anni.

 

4. Negli ultimi anni il metodo di confezionamento e presentazione prodotto, adottato dalle principali aziende del settore, ha avuto una notevole e variegata evoluzione. Dai classici vasetti da coltura idroponica siamo passati in breve alle cup, alle scatolette contenenti varie tipologie di liquidi nutritivi, alle piante su PAD (reti metalliche), in vitro, e quant'altro .... e non nomino volutamente i wabi-kusa ai quali ho dedicato la domanda successiva.
Quali principali benefici stanno portando al nostro settore queste nuove tecniche di coltivazione e di confezionamento, e quali le motivazioni di base? E' principalmente una questione di miglior conservazione delle piante, utile quindi in ottica spedizione traducendosi in una miglior disponibilità per alcune specie in particolare, oppure vi sono anche reali benefici per l'utente finale, in termini ad esempio di piantumazione e adattamento? Io sarò un caso particolare, ma per molte specie rimpiango il vecchio e glorioso vasetto in idroponica ...

A mio parere le novità sono gradite, ma non tutte. Vado diretto al punto: le motivazioni di certe scelte sono dettate prevalentemente per ottenere costi di produzione sempre più bassi da parte dei produttori. E questo troppo spesso non si traduce per gli utenti finali con dei reali benefici che invece vengono evidenziati un po' forzatamente nelle pubblicità di settore.
Sono d’accordo con te, il classico vasetto risulta come uno dei prodotti ancora validi e migliori per l’appassionato di tutti i livelli. Per il discorso dell’efficienza del Vitro c’è molta differenza da specie a specie ed è necessario fare chiarezza per non demonizzare questo prodotto. Ad esempio Utricularia graminifolia all’inizio dell’immissione sul mercato, veniva prodotta da pochissime aziende in tutto il mondo solo in tipologia “vasetto”. In questo modo dava una risposta immediata in acquario crescendo da subito senza problemi. Ora la produzione di questa importante specie è solamente in Vitro e purtroppo non da gli stessi risultati di prima. Infatti moltissimi appassionati ancora si lamentano del fatto che una volta piantumata in acquario si scioglie velocemente. Ciò è dovuto da varie ragioni, ma soprattutto per il fatto che queste piante provengono da “Vitro”. Questa è la verità ed in merito ho realizzato moltissimi test. Sempre rimanendo sulla tipologia “Vitro o CUP” però abbiamo ottenuto anche degli importanti benefici. Per alcune specie da prato come Eleocharis sp., Marsilea sp., etc., la piantumazione e la risposta del Vitro è notevolmente superiore ad un normale vasetto. Questo perchè le piante sono già adattate alla vita sommersa ma non solo. Infatti il quantitativo “vegetale” di un barattolino in Vitro classico, è pari a circa un vasetto e mezzo che si trova nei negozi di Acquariologia. Inoltre queste piantine in Vitro sono facilmente sporzionabili e si piantano con maggiore facilità rispetto a quando si devono estrarre dalla Lana di Roccia dei vasetti per poi pulirle con delle pinzette. Per chiudere il discorso, personalmente credo che tutte le piante a stelo o rosetta, offerte in Vitro, non servano davvero a nulla perchè non forniscono alcun beneficio per l’utente finale mentre altre specie, come quelle da prato, fanno davvero la differenza.
Discorso diverso invece per le cosidette PAD, reti metalliche e simili su cui sono ancorati muschi, epifite, etc., tutti prodotti che si inseriscono con estrema facilità in acquario e offrono veramente un reale beneficio per l’appassionato a tutti i livelli di esperienza. Infatti non c’è bisogno di piantumare con pinzette e “preparare” le piante come accade ad es. con i vasetti o con il Vitro. Adesso si trovano anche delle PAD costituite con specie da pratino che si posizionano velocemente una accanto all’altra per avere fin da subito un prato già pronto. Notevole direi.

 

5. A proposito di tecniche di coltivazione e di presentazione, impossibile quindi non parlare di "wabi-kusa"! Tu sei stato il primo ad introdurre in Italia (e credo anche in Europa, correggimi se sbaglio) questa tecnica per le piante d'acquario.
Di che si tratta in sostanza? Quali i vantaggi? Quali le possibili controindicazioni? Credi sia questo il futuro della plantacquariofilia?

I Wabikusa sono stati introdotti dal Maestro Takashi Amano già da alcuni anni e sono ormai noti in tutto il mondo grazie alla sua geniale intuizione. Prendendo spunto dai suoi lavori, ho realizzato un progetto di studio e ricerca del tutto autonomo per creare Wabikusa ed utilizzarli sia in acquario che come elemento di arredo. Le mie descrizioni, realizzazioni, foto, tecniche di coltivazione ed impiego di Wabikusa direttamente in acquario, sono stati in realtà il primo lavoro documentato e continuativo mai apparso prima in Occidente. Ciò all’epoca (cosa di cui nessuno ne è a conoscenza) ha destato non poco interesse da parte di ADA nella persona di T. Amano che ha sollevato degli interrogativi sul “come” e sul “perchè” avessi realizzato un prodotto molto simile al suo. Nel corso degli anni ho sviluppato una gran quantità di lavori e di realizzazioni riguardo i Wabikusa, presentando numerose tipologie di prodotti adatti praticamente ad ogni tipo di esigenza.  L’argomento è molto vasto ed impossibile da descrivere in questa intervista, pertanto ritengo utile indicare il link di una mia pagina dove poter leggere e documentarsi sui Wabikusa; cliccate QUI per accedervi.

 

6. Altro aspetto che negli ultimi anni è stato oggetto di notevoli investimenti ed evoluzioni da parte delle aziende, è sicuramente l'illuminazione.
I LED stanno prendendo sempre più piede tra gli appassionati, promettendo una sensibile riduzione dei costi d'esercizio e di manutenzione nel tempo ... ma mi sembra innegabile che vi siano differenze in termini di resa sulla crescita delle piante d'acquario ...o sbaglio?
Potrà questa tipologia di illuminazione soppiantare del tutto i "vecchi" tubi neon? Al di la dei costi d'esercizio, tu con quale tipologia di luci ti trovi meglio? Quali principali differenze comporta la luce puntiforme dei led in termini di stimolazione e crescita?
Personalmente ho un'esperienza limitata sui led, ma al di la delle tonalità (i rossi sono innegabilmente penalizzati), non posso negare di aver notato differenze importanti a livello di morfologia in molte specie, soprattutto tra le piante a stelo.

Anche qui sono costretto a sfatare “qualche mito” e dire la verità che ho dedotto dopo tante prove con il LED per circa 5 anni. Iniziamo col dire che nessuno sa esattamente la differenza tra una luce prodotta da un emitter ed una lampada Neon tipo T5 quando si posizionano sopra ad un acquario per illuminare piante. C’è una grande confusione ed il mercato “tira” per questa nuova tecnologia in modo da giustificare gli alti costi d’investimento che le Aziende hanno dovuto affrontare per questi prodotti. Per fare un esempio e far capire come le informazioni sono state date in maniera poco corretta, già dall’inizio dell’immissione sul mercato di plafoniere a LED, le Aziende stesse hanno dichiarato tempi di durata (di molti anni!) di questi prodotti senza neanche aver effettuato dei validi test di “caduta” di emissione degli emitter dopo ore ed ore di lavoro e calore ricevuto. In pratica, lo dico chiaramente, ho effettuato alcuni test per note Aziende del settore su prodotti molto costosi quando già erano in commercio, con la richiesta di verificare la bontà della luce e la risposta delle piante più rosse, pratini, etc.. Insomma per capirci, una procedura del tutto inversa che ha scavalcato alcuni importanti passaggi proprio per il fatto di dover fare immediatamente “cassa” causa i costi sostenuti da questi produttori. In questo, nei primi anni dei LED, non si è garantito assolutamente un prodotto valido e purtroppo so che per alcuni versi anche oggi è così.
Personalmente credo che i LED siano una buona alternativa che ad oggi NON sostituiscono ancora in alcun modo le lampade a neon T5 e le HQI. Da un punto di vista strettamente fisiologico dei vegetali ho notato molte differenze rispetto alla luce tradizionale ed una risposta non soddisfacente delle piante. Il discorso però quì è davvero ampio e bisognerebbe analizzare caso per caso facendo distinzione tra LED utilizzati, specie in esame, fertilizzanti, fondo, etc., perchè le risposte delle piante variano anche per altre condizioni quando si utilizzano i LED. Ad esempio ho analizzato per tempi molto lunghi, superiori ad un anno, la morfologia di certe specie illuminate con i “Power Led” (LED molto potenti utilizzati da tante Aziende), verificando spesso colori anomali e poco accesi, crescita rallentata e struttura fogliare non caratteristica della specie. Questa luce investe le strutture fotosintetiche in maniera violenta fornendo una concentrazione esagerata di Lumen nella perpendicolare della testa dell’emitter. Le piante che si trovano proprio sotto questo fascio luminoso, mostrano una crescita rallentata dovuta principalmente a tutto un sistema di protezione messo in campo dal vegetale per evitare “foto ossidazione” e quindi deterioramento dei pigmenti fotosintetici. Meglio invece l’utilizzo di LED a bassa potenza che si presentano nelle plafoniere in numero elevato ma che diffondono la luce più uniformemente senza creare zone con emissioni troppo intense. Questo tipo di prodotti, a mio avviso, hanno dato migliori risultati e le piante si comportano normalmente senza particolari problemi. Per quanto riguarda i Rossi invece molti appassionati si sono lamentati della scarsa colorazione di certe specie quando coltivate utilizzando i LED. Per dirla in maniera semplice, ciò deriva dal fatto che i Lumen prodotti da una T5 o HQI sono enormemente diversi da quelli prodotti da un LED. Lasciando da parte P.A.R., C.R.I., etc., valori importanti ma su cui è stata fatta una grandissima confusione, per ottenere buoni rossi con i LED è necessario installare plafoniere adatte considerando maggiormente il wattaggio (e meno i lumen) delle stesse in paragone con quello ipotetico di neon T5 utilizzati per lo stesso acquario. Infatti molti appassionati si sono proprio lamentati del fatto che pur fornendo attraverso LED tantissimi Lumen (come per le T5), non hanno ottenuto rossi paragonabili alle T5 o HQI. In questa semplice risposta c’è uno studio di osservazione e test che ho effettuato per anni monitorando la crescita di moltissime piante sotto illuminazione anche mista Neon/Led. Una prova importante che spiega quello che affermo e penso nessuno abbia mai realizzato, è quella di coltivare nello stesso acquario (quindi parametrici identici) circa 10 steli di una pianta rossa sotto una T5, e altri 10 steli della stessa specie sotto una barra a LED posta a circa 15-20cm di distanza dal neon (utilizzando neon e led con gli stessi Lumen). Così facendo vi garantisco che otterrete tante risposte sui LED che neanche potevate immaginare. Per concludere invece la durata dei LED purtroppo non è proprio quella dichiarata dalle Aziende ma direi molto meno. Ho visto “decadere” i flussi luminosi di plafoniere molto costose nel giro di solo un paio d’anni. Insomma, secondo la mia opinione, l’acquariologia è ancora molto lontana dai LED, o loro lo sono tanto dall’ acquariologia.

 

7. Parliamo di filtrazione. Ho visto alcuni tuoi bellissimi plantacquari che avevano una particolare caratteristica comune: non avevano il filtro, bensì solo una pompa di movimento.
Puoi spiegare le motivazioni di questa scelta, e quali caratteristiche debba soddisfare un allestimento per poter funzionare correttamente nel tempo pur senza filtro?

In tutti i miei acquari non utilizzo mai filtrazione biologica ma solo pompe di movimento o filtri caricati con lana perlon senza cannolicchi o supporti del genere. La motivazione risiede nel fatto che in un acquario dove è presente una buona quantità di substrato organico ed abbondante massa vegetale, i batteri colonizzano in presenza sufficiente queste aree senza aver bisogno di altri supporti. Ho condotto per anni, e senza alcun problema, dei plantacquari anche con pesci di medio-piccole dimensioni senza dover utilizzare mai filtrazione biologica. Gli animali non hanno avuto alcun problema nonostante le costanti fertilizzazioni e la totale assenza di cannolicchi o simili nel filtro. L’aspetto importante è quello di riuscire a stabilire un equilibrio tra la massa vegetale, fondo, quantità di animali, somministrazione di mangime e fertilizzazione. In questo modo i batteri sono sufficientemente presenti colonizzando tutte le parti delle piante acquatiche come fusti, foglie, etc., e l’intero fondo granello per granello. La decomposizione delle sostanze “di scarto” animali e vegetali viene così garantita trasformando la maggior parte dei composti pericolosi in altri totalmente innocui. Altro aspetto importante è l’assorbimento del Nitrato da parte delle piante acquatiche. Attraverso alcuni studi (D. Walstad) si è giunti alla conclusione che la maggior parte delle piante preferiscono l’Ammonio (NH4) al Nitrato (NO3) perchè viene assorbito più facilmente e direttamente dai vegetali senza dover impiegare “energia” per trasformarlo. Nel momento che le piante si trovano di fronte alla scelta se assorbire NH4 o NO3, preferiscono sempre il primo scartando il Nitrato o lasciandolo come seconda possibilità di reperire Azoto quando l’Ammonio è terminato. Da questo si deduce che una filtrazione biologica esagerata atta a trasformare tutto l’Azoto presente in NO3 produce una situazione di notevole svantaggio per le piante. Ed è per questo motivo che ho sempre scelto di aumentare la presenza vegetale e stabilire fin da subito un buon quantitativo di fondo organico, in modo da garantire alle piante di avere sempre una piccola disponibilità di NH4 senza dover per forza assorbire Azoto soltanto attraverso NO3 spendendo così parecchia energia. Facendo in questo modo le piante crescono meglio e competono in maniera più efficace contro le alghe.


Alcuni acquari di Massimo Iannella

Foto per gentile concessione: Massimo Iannella

Foto per gentile concessione: Massimo Iannella

 

 

8. Cambio ora completamente argomento: contest di aquascaping.
So che c'è feeling tra noi due in merito a questo argomento, per cui voglio stuzzicarti un pochino sapendo bene come la pensi... ma ovviamente non ritenerti obbligato a rispondere.
Negli ultimi anni sto notando, nei principali contest internazionali di aquascaping, una crescente presenza di lavori in cui l'importanza rivestita dalla "parte vegetale" del layout appare per così dire "strozzata", se non addirittura annientata, dalla componente rocciosa e quindi dall'hardscape. Sembra per certi versi che il saper posizionare le pietre stia divenendo l'elemento di maggior peso all'interno dei criteri di valutazione di queste rassegne, relegando così le piante, un tempo protagoniste assolute in simili contesti, al ruolo di elementi di contorno, a volte un contorno quasi impercettibile.
Cosa ne pensi al riguardo? Ci possono essere motivazioni commerciali alla base di questa evoluzione? Tutti dicono che contest come ad esempio l'IAPLC sono solo un gioco, ma sappiamo bene tutti e due che non è così per le principali aziende del settore. La visibilità che garantiscono queste rassegne è notevole .... così come notevole è l'influenza che esse possono esercitare sui gusti e sulle scelte di buona parte degli appassionati...

A mio parere stiamo assistendo ad un cambiamento importante ma altrettanto pericoloso. Con la realizzazione di questi Layout, che valorizzano maggiormente gli arredi ed il posizionamento degli stessi, si pone indubbiamente minore attenzione a tutti gli aspetti basilari e di enorme importanza riguardo la coltivazione delle piante e la vera gestione di un plantacquario. Gli appassionati alle prime armi rimangono affascinati dinanzi a queste realizzazioni, adesso sempre più “Live” ma che lasciano un messaggio abbastanza fuorviante. In questo modo si sensibilizza poco l’appassionato spingendolo a pensare che l’acquario sia “tutto e subito” quando sappiamo benissimo che la realtà è ben diversa. Come la caduta dei Forum causa l’avvento di Facebook per intenderci, anche l’acquario a mio parere, subisce gli effetti di una società troppo frenetica dai ritmi inarrestabili. E proprio le gare di Aquascaping, Contest, Show, Tour e chi più ne ha più ne metta, sicuramente non fanno che abbassare il livello generale proprio per l’impostazione, a mio avviso, non corretta di questo tipo di manifestazioni. Oggi, come sai, tutti sono diventati Aquascapers e molti si vantano di notevoli capacità avendo allestito magari un solo acquario. Su Facebook poi si scatena il meglio: centinaia di post, foto e commenti di persone che fanno a gara per un colore, una forma o una nuova specie diffondendo consigli ed indicazioni che magari ho già dato privatamente a queste persone. Insomma, come di consueto in Italia non ci facciamo mancare nulla e la linea presa non è certo delle migliori. A tutto questo ci si aggiungono anche le Aziende, che pur di pubblicizzare i prodotti, “arruolano” appassionati di dubbie competenze che si comprano con “un sacchetto di terra e qualche fertilizzante” per realizzare acquari e meeting in negozi o nelle fiere di settore.
Dall’altra parte però comprendo l’importanza di valorizzare anche certi “corredi” o arredi in acquario, non rendere protagoniste soltanto le piante in modo da garantire agli addetti del settore un mercato più ampio. Questo perchè a differenza di qualche anno fa, adesso si possono acquistare prodotti per Aquascaping facilmente e per tutte le tasche. Ovviamente grazie al “nuovo stile” gli acquari sono diventati quadri, rappresentazioni del tutto innaturali di elementi naturali forgiati per soddisfare l’osservatore, o meglio, il potenziale acquirente nella varie manifestazioni in giro per l’Italia. Questi “Avatar” però hanno stancato e le masse stanno già aspettando un’altra novità che non sarà nient’altro quella di tornare “a fare” l’acquario vero. Perchè ogni appassionato sa che poi a casa deve fare i conti con qualcosa di diverso dalla realtà dei Contest, fiere, allestimenti Live etc., mostrando soltanto a se stesso le capacità di ottenere dei risultati gestendo la vasca nella maniera corretta per spendere meno soldi e dare un senso al proprio Hobby. Per avere un’idea migliore della situazione che esiste dietro questi Show, basta leggere qualche minuto di cosa si parla nei gruppi del nostro hobby su Facebook e nei vari Forum. Gli appassionati incentrano le discussioni sulle alghe, sulla fertilizzazione, chiedono informazioni su come coltivare una pianta, etc., rimanendo sempre nei temi della “gestione” di un acquario, non di altro. Di altro, cioè puro Aquascaping, ne parlano un pugno di persone che in Italia forse non si contano su due mani e che rappresentano per la maggior parte dei casi, grandi Aziende e marchi blasonati che li utilizzano per fare pubblicità. Quando l’appassionato ad esempio vede un bellissimo acquario allestito con rocce totalmente bianche e calcaree, non capisce che quella vasca è destinata a realizzare solo uno Show ed essere smontata a breve. Non si spiega che quelle rocce mal si sposano con i giusti parametri di durezza da mantenere in acquario per coltivare le piante e che erogando CO2 tali pietre diventano un Reattore di Calcio per acquario dolce. Non si spiega che in questi acquari per mantenere livelli di KH accettabili, si è costretti a fare cambi con acqua osmotica molto frequenti portando la gestione a qualcosa di totalmente inaccettabile per un comune mortale.
Ecco, ci si dovrebbe fermare un attimo e fare un passo indietro invece di farne troppi in avanti. Io sono dell’idea che sarebbe meglio sacrificare un po' di Show per dare invece delle informazioni più corrette ed alla portata di tutti. Questa involuzione ha provocato già molti danni al nostro settore, le Aziende ed i Negozi devono investire sugli appassionati con maggiore riguardo e non trattarli come incapaci acquirenti utili solo per fare cassa.
La verità è che in Italia ci sono più acquari vuoti dentro le cantine che quelli allestiti e funzionanti.

 

9. Tornando al tuo operato, a cosa stai lavorando adesso, e quali progetti hai in mente per il futuro? Puoi darcene un'anticipazione?

Andrea, attualmente collaboro solo con Dennerle e purtroppo secondo le loro indicazioni, non posso dare anticipazioni.

 

10. Bene Massimo, saremmo giunti alla conclusione di questa breve intervista, ma prima di salutarci ci tengo a porti un'ultima domanda, che esula dall'acquariofilia entrando in un campo molto più importante, il valore della persona.
So che fai il Vigile del Fuoco, e io da sempre nutro una stima infinita per chi sceglie di rischiare la propria vita per quella degli altri. Mi piacerebbe tanto leggere un tuo pensiero su questa cosa, sulle motivazioni di questa tua scelta, e su quanto in generale possa ripagare ed arricchire moralmente il mettersi a disposizione degli altri. Grazie!!!

Caro Andrea, questa domanda non me l’aspettavo e ti ringrazio per l’attenzione che poni al ruolo svolto dal Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco. Mi tocchi nell’intimo perchè si tratta di una scelta che ha comportato numerose vicissitudini nella mia Vita.

Nel corso degli anni ho cercato di portare sempre in alto l’onore di questo lavoro in base alle mie possibilità ed ai miei limiti. Operare nel Soccorso Tecnico Urgente è un impegno molto particolare che spesso ti proietta in realtà e situazioni che non avresti mai immaginato prima e ti pone davanti a delle scelte che possono compromettere anche l’incolumità delle persone. A volte diventa veramente difficile assumersi delle grandi responsabilità che un intervento di soccorso può dare ad un Vigile del Fuoco: chi ci tende la mano da noi aspetta e chiede il massimo aiuto, la certezza di risolvere quella situazione a qualsiasi costo. Ti senti spesso come ultima speranza per queste persone sfortunate, e cerchi di fare tutto il possibile, a volte andando anche al di fuori dalle tue competenze rischiando notevolmente di compromettere la Vita. Purtroppo più volte mi sono trovato in queste situazioni e ti rendi conto cosa vuol dire veramente il valore di una Vita, che sia di una persona o di un animale la differenza è sottile perchè quando devi agire velocemente e salvarla, tutte le barriere, i limiti ed i preconcetti che un uomo possa avere, cadono a terra e non valgono proprio nulla. Ti metti in gioco come non avresti mai pensato perchè con addosso quella divisa rappresenti qualcosa di grande a cui le persone credono e su cui ancora sperano ponendo una fiducia ed una stima senza eguali. Il momento peggiore risiede proprio in questo Andrea, devi sempre cercare di non deludere e rappresentare ciò che sei in maniera professionale risolvendo ogni situazione, che sia di poca importanza o che sia di estremo aiuto per salvaguardare una Vita. Lo stress psicologico è notevole perchè un Vigile del Fuoco deve adattarsi a moltissime situazioni diverse e trovare un rimedio per ognuna poichè in quel momento per una persona il problema maggiore della propria Vita magari è un allagamento di pochi centimetri, un muro che sta cedendo, una porta chiusa dal vento o cose apparentemente banali. Diverso invece quando ti trovi di fronte alla bestia nera, il Fuoco. Quì le cose cambiano e la paura è davvero molta soprattutto per un Vigile del Fuoco rispetto ad un “cittadino” normale, perchè sa quali e quanti danni e pericoli possa causare. Le fiamme sono il nostro Terrore, il rumore a volte mi ha fatto tremare le gambe ed in certe situazioni ho dovuto resistere anche quando il mio indumento antifiamma iniziava a fumare. Ci sono interventi che ti lasciano l’amaro in bocca, altri per fortuna, ti gratificano in maniera impensabile per chi ti sta intorno, per i famigliari e gli amici a cui spesso non racconti neanche nulla. Torni a casa la sera a volte col sorriso, a volte nel silenzio di una giornata molto dura. Ma per stare più sereno devi sempre ricordare che questo lavoro ti fa sedere vicino alla morte, che dovrai affrontare momenti molto difficili che nessuno vorrebbe mai vivere e non essere mai convinto del contrario. Perchè anche un solo intervento di soccorso può cancellare tutto il bello che c’è stato fino a quel momento e magari per molti anni. Un Vigile del Fuoco di fronte ad un incidente stradale si azzera, elimina completamente la consapevolezza di essere un uomo fatto di carne, ossa e sangue quando si trova ad operare su corpi di persone ancora in Vita da liberare dalle lamiere. Quando operi in una zona terremotata o in disastri di notevoli proporzioni, purtroppo un piccolo “Pompiere” assume una grandissima dose di stress e tanti danni che si porta dentro se stesso per molti anni. Vedere certe scene e viverle direttamente sulla pelle è proprio dura. All’Aquila per esempio c’era da star male per tante cose che non è necessario neanche raccontare perchè tutti ne sono a conoscenza, ma io personalmente ho ceduto più volte e non ho trovato più le forze quando nelle mense delle tendopoli, uomini e donne molto anziani e senza più una casa e nessun avere, ci facevano passare avanti alla fila per prendere i pasti prima di loro.
Questi momenti non si dimenticano mai e fanno parte di Te, perchè il segno che lasciano è indelebile anche per il fatto che spesso si fallisce inesorabilmente nonostante tutti gli sforzi e le competenze di un soccorritore quale un Vigile del Fuoco.

Di fronte alla morte non sei un eroe, resti sempre un uomo che con quella divisa ha un ruolo ben preciso: mantieni l’onore ed il privilegio di aiutare un’altra persona in difficoltà.

 

Foto per gentile concessione: Massimo Iannella

 

 

Grazie Massimo, davvero. L'ultima domanda era per me emotivamente la più importante...
L'intervista è conclusa.

 

 


Per conoscere più approfonditamente i lavori di Massimo Iannella vi invitiamo a visitare il suo sito www.rareaquaticplants.com , all'interno del quale, oltre a numerosissimi articoli di gran valore, sono presenti anche un forum ed uno store.

 

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Andrea Perotti per AquaExperience.it

 

Ultimo aggiornamento (Mercoledì 01 Giugno 2016 14:23)

 

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