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Guida principianti acquariofili

 

Guida principianti acquariofili

di: Mauro Antoniazzi (nick su AE: Mauro) e Paolo Ranzato (nick su AE: Paperino)

 

Mauro intento a scartare un nuovo acquisto

 

INTRODUZIONE

Questa guida vuole essere di aiuto per tutti coloro che intendono intraprendere l'hobby dell'acquariofila, in particolare l'acquario dolce tropicale, o che l'hanno già intrapreso ma ancora non hanno appreso completamente i vari componenti (materiali, accessori e tecniche) che fanno parte di questo mondo.
Partire col piede giusto è importantissimo per cui si spera che questa guida vi aiuti a non commettere i classici errori da neofita che potrebbero scoraggiarvi, ma che inevitabilmente sono comunque parte di questo mondo e che in qualche modo ci aiutano a crescere e imparare.
Di seguito verranno descritte le varie parti che compongono l'acquario così da avere un'idea generale del loro utilizzo e funzionamento: è importante, infatti, capire cosa serve e come funziona, per poter effettuare le giuste scelte nei nostri acquisti così da evitare di spendere soldi inutilmente.

 

Parte I: L’ACQUARIO

 

Fotogallery Guida principianti acquariofili

 

 

LA VASCA

Il primo passo per entrare in questo fantastico mondo è la scelta della vasca.
In commercio se ne trovano moltissime, di differenti forme e dimensioni, la scelta, oltre a dipendere dalle possibilità economiche e dello spazio disponibile, deve tenere in considerazione il tipo di pesci che si vorranno inserire nell’acquario, sia per le dimensioni che possono raggiungere che per il carattere di alcune specie.
Per questo è consigliabile, prima di procedere con l’acquisto, informarsi sui pesci che si vuole allevare, sulle loro abitudini ed esigenze.
Al contrario di ciò che si crede, acquistare un acquario piccolo non significa avere meno problemi e una minore manutenzione, anzi, un acquario piccolo necessita di molta più attenzione nella manutenzione in quanto un errore, seppur piccolo, va ad incidere molto, viste le dimensioni ridotte; al contrario in una vasca grande una qualsiasi sostanza inquinante o una sostanza in eccesso verrà diluita in molti più litri e avrà quindi minor effetto.
Non c’è una vera e propria regola sul volume ideale per iniziare questo hobby, solitamente si consiglia di partire con acquari di almeno 80-100 litri che permettono di creare degli ambienti (layout) già abbastanza interessanti e di vario genere.


Per calcolare il volume dell’acquario si moltiplica la Lunghezza x la Larghezza x l’ Altezza:


Calcolo volume acquario



Ad esempio se acquistiamo un acquario che avrà una lunghezza di 80 cm una larghezza di 40 cm e una altezza di 35 cm il volume della vasca sarà di:  80x40x35 = 112.000 cm³


Dal volume della vasca si può risalire facilmente al litraggio lordo, ricordando che 1000 cm³ equivalgono a 1 dm³ e che 1dm³ d'acqua equivale a 1 litro, dobbiamo semplicemente dividere il volume per mille:


Litraggio Lordo = volume : 1000 => 112.000 cm³ : 1000 = 112 dm³ = 112 litri.


Abbiamo calcolato così i litri totali dell’acquario, a questi però dobbiamo sottrarre il filtro interno (se è presente), il fondo che andremo ad inserire e i vari arredi (legni, rocce): si calcola che di media questi oggetti occupano un volume pari al 20-25%, che va quindi sottratto al volume lordo calcolato in precedenza. Sarebbe però opportuno misurare il litraggio netto piuttosto che stimarlo, tenendo il conto dei volumi di acqua aggiunti nella fase del primo riempimento: sul volume netto, infatti, si andranno a fare i conti per i vari dosaggi successivi.


Sarà importante orientarsi sull’acquisto di una vasca aperta piuttosto che su una con coperchio: una vasca di tipo aperto avrà la possibilità di montare una plafoniera esterna (che risulterà molto utile nel caso decidessimo a posteriori per un illuminazione più prestante), permetterà di coltivare piante galleggianti e piante che crescono anche oltre il livello dell’acqua e di goderne la visione; lo svantaggio più grande sarà il fenomeno dell’evaporazione, che durante l’estate diventa molto importante, e il limite di scelta per alcuni pesci, che hanno particolari esigenze o abitudini.
Al contrario un acquario chiuso con un coperchio ci darà la sicurezza di non vedere saltare fuori i nostri pesci e ridurre al minimo il fenomeno dell’evaporazione, ma avrà lo svantaggio di toglierci la visibilità dall’alto, di non permettere l'inserimento di piante semiemerse e ci limiterà fortemente nella scelta dell’illuminazione: questi acquari infatti hanno coperchi standard che solitamente, per motivi di spazio, ospitano nel migliore dei casi 2 lampade; questo ci costringerà a ricorrere al fai-da-te nel caso volessimo aumentare l’illuminazione per la coltivazione di piante più esigenti in fatto di luce.
Altre opzioni riguardano la scelta di una vasca di tipo classico (a parallelepipedo) o di forma particolare: ne esistono infatti in commercio modelli di svariati tipi, ad angolo, a vetri curvi, a quadro, a colonna …, adatti alle varie esigenze di spazio e arredamento.
Ciascuna di queste soluzioni particolari è da valutare caso per caso, in quanto possono creare svariati problemi: i vetri curvi, ad esempio, spesso deformano le figure; acquari ad angolo creeranno problemi futuri nel caso si volesse intervenire con modifiche alle plafoniere, in quanto non si potranno adattare le plafoniere standard; acquari a quadro, a colonna, avranno una superficie di scambio ridotta rispetto al volume, inoltre renderanno complessa, se non impossibile la manutenzione.
Ricordiamo che per esigenze particolari è possibile ricorrere anche ad acquari artigianali su misura.
All’atto dell’acquisto della vasca bisognerà valutare anche il mobile che dovrà supportarla: si può utilizzare un mobile dedicato, spesso in vendita abbinata ad un determinato modello di acquario, oppure utilizzare un piano di un mobile preesistente nel nostro arredamento, oppure farsene costruire uno appositamente; in questi ultimi due casi è doveroso ricordare che l’acquario peserà moltissimo, sia per l’acqua che per il vetro e l’arredamento, pertanto il supporto dovrà essere molto robusto; inoltre dovrà essere indeformabile, in quanto una eventuale flessione del piano comporterà quasi sicuramente una frattura o una scollatura dei vetri costituenti la vasca.



GLI ACCESSORI


IL FILTRO

Il filtro è il vero cuore dell’acquario, senza filtro l’acquario non potrebbe essere popolato dai nostri pesci e anche la coltivazione di alcune piante sarebbe difficile; il filtro ci aiuta a mantenere l’acqua pulita e limpida, sia bloccando le grosse particelle sia purificando l’acqua da quelle sostanze nocive che si formano per i naturali processi di vita (decomposizione di sostanze organiche, deiezioni dei pesci, ecc…).
Da un punto di vista del posizionamento, può essere interno, fissato o meno ai vetri dell’acquario, in modo permanente (incollato con silicone) o removibile (con ventose); tale soluzione è sicuramente una scelta obbligata per chi non ha spazio all’esterno dell’acquario, ma è più economica ed estetica, per l’assenza di tubi esterni; gli svantaggi sono la limitata capacità filtrante, dovuta allo spazio ristretto per l’alloggiamento dei materiali filtranti e l’ingombro interno, che riduce la capacità della vasca.
I filtri esterni invece hanno prima di tutto il vantaggio di non occupare spazio in vasca e quindi non togliere litri preziosi per i nostri pesci e permettono una manutenzione più semplice; inoltre si possono scegliere di svariate dimensioni e portate, e questa è una grande opportunità in quei casi in cui, per esigenze legate all’allevamento di pesci di grandi dimensioni o all’allestimento di acquari con scarsa vegetazione (ad esempio biotopi laghi africani), occorrerà un filtro sovradimensionato ad alte prestazioni.
I filtri sono divisi in stadi composti da differenti materiali che hanno funzioni specifiche; i diversi stadi di filtraggio possono essere tre:

- Il filtraggio meccanico

Solitamente posto come primo stadio ha la funzione di bloccare meccanicamente tutti i detriti e le particelle libere in acqua trattenendole al suo interno; solitamente è composto da 2 tipi di materiali utilizzati singolarmente o anche insieme: le spugne e la lana sintetica.
Il filtraggio meccanico è importante non solo ai fini estetici ma per eliminare i detriti visibili che, se lasciati in acqua, andrebbero a depositarsi sul fondo per poi decomporsi e liberare sostanze nocive, che potrebbero causare diversi problemi come la formazione di alghe o l’aumento di batteri patogeni, oppure depositarsi sulle foglie delle nostre piante e impedire la fotosintesi. Per questo è importante la manutenzione di questo stadio con una regolare pulizia dei materiali, che, se troppo sporchi, possono anche intasarsi e impedire la circolazione dell’acqua all’interno del filtro.

- Il filtraggio biologico

E’ lo stadio di maggiore importanza soprattutto per i pesci; in questo stadio vengono rimosse o trasformate quelle sostanze tossiche (per lo più ammoniaca e ammonio) in composti meno tossici, sfruttando il lavoro di organismi viventi, i batteri.
In pratica in questo stadio avviene parte di quello che viene chiamato ciclo dell’azoto, processo che inizia con l’ammoniaca (NH3) o ammonio (NH4), prodotti dagli organismi viventi che ci sono in acqua (non solo i pesci), che attraverso l’ossidazione da parte di batteri dei ceppi Nitrosomonas vengono trasformati in nitriti (NO2), meno tossici dell’ammoniaca ma comunque pericolosi per i pesci.
Nella successiva trasformazione, sempre tramite ossidazione, i batteri Nitrobacter trasformano ulteriormente i nitriti in nitrati (NO3), composti sicuramente molto meno tossici dei precedenti ma da mantenere entro un certo limite.
Si può quindi capire come l’ossigeno svolga una parte molto importante per la sopravvivenza di questi batteri nitrificanti e la trasformazione delle varie sostanze; tale ossigeno giunge ai batteri attraverso la circolazione forzata tramite la pompa che è alloggiata nel filtro. Se tale circolazione si dovesse interrompere si fermerebbe anche l’apporto di ossigeno con la conseguente morte dei batteri, per questo è bene non fermare mai il filtro per un tempo prolungato e fare una buona manutenzione al filtro meccanico che intasandosi bloccherebbe il flusso.
I materiali che compongono questo stadio del filtraggio sono materiali porosi che facilitano l’insediamento dei batteri; un esempio classico sono i cannolicchi ceramici e altri materiali ceramici, granulati di lava, basalto, terracotta; i batteri si insediano anche nelle spugne del filtro meccanico e per questo talvolta è consigliabile per fare la pulizia di tali spugne l’uso della stessa acqua dell’acquario e non quella di rubinetto che per il suo contenuto di cloro causerebbe la morte dei batteri.
In questo stadio la manutenzione è nulla o quasi, bisogna intervenire solo se si accumula un eccessiva sedimentazione di fanghi che rallentano molto il flusso di acqua.
Il completamento del ciclo dell’azoto avverrebbe con una fase anaerobica, la denitrificazione, tramite particolari batteri capaci di trasformare i nitrati in azoto gassoso, N2, che si libererebbe in aria. Purtroppo questa parte del ciclo non è quasi mai completa negli acquari di acqua dolce, salvo non esistano particolari filtri detti denitrificatori, in genere poco usati in quanto complessi e compartanti rischi per gli ospiti dell’acquario; tuttavia, parte di questo ciclo avviene a volte nella parte terminale anossica del filtro biologico e negli strati profondi dei fondi abbastanza spessi.

- Il filtraggio adsorbente e chimico

Trattasi di un filtraggio opzionale fatto da materiali adsorbenti o chimicamente attivi.
I materiali adsorbenti, rappresentati per lo più dai carboni attivi, eliminano le sostanze chimiche, per lo più macromolecole, catturandole al loro interno tramite un processo fisico, l’adsorbimento appunto, fino alla totale saturazione; per questo motivo hanno un’azione limitata nel tempo. Spesso si utilizzano per rimuovere trattamenti chimici e farmacologici, o per rimuovere i tannini, che comportano un antiestetico colore giallognolo dell’acqua. Purtroppo però questi prodotti eliminano anche sostanze utili, è quindi un bene non abusarne ma utilizzarli solo in casi di effettiva necessità.
I materiali chimicamente attivi sono costituiti per lo più da resine, che eliminano alcune sostanze indesiderate (silicati, nitrati, fosfati) legandole permanentemente al loro interno con un meccanismo di tipo chimico; come per i materiali adsorbenti hanno un limite di utilizzo oltre il quale perdono le loro proprietà.
Ci sono poi altre sostanze chimicamente attive come, ad esempio, resine e la torba, che tramite scambio ionico riduce la durezza carbonatica (KH) e rilascia acidi umici che abbassano il pH. Sono sostanze da usare con cautela e da parte di acquariofili abbastanza esperti, in quanto possono comportare effetti collaterali non graditi.


Come abbiamo accennato in precedenza i filtri possono essere di due tipi, filtri interni e filtri esterni; i filtri interni solitamente sono divisi in 3 scomparti: nel primo inseriremo il riscaldatore, che dovrà lavorare sempre in immersione per evitare rotture del vetro protettivo; nel secondo troveranno posto la spugna (e/o la lana sintetica), sotto la quale verrà inserito il materiale per l’insediamento biologico (es. cannolicchi) fino a riempimento di tutto lo spazio disponibile; nel terzo e ultimo scomparto verrà inserita la pompa che rimetterà in acquario l’acqua ormai completamente filtrata; in questo scomparto insieme alla pompa possiamo inserire i materiali per il filtraggio chimico o adsorbente. Altri filtri interni possono avere configurazioni differenti.
I filtri esterni hanno al loro interno, a seconda della marca e della capacità, due o più cestelli per l’inserimento dei materiali filtranti; nel caso di due cestelli, si inseriranno nel primo in basso i materiali del filtro biologico e in quello più in alto le spugne; nel caso di filtri con più di due cestelli, sarà possibile utilizzare quelli in più per l’inserimento di resine, carboni o ulteriori materiali per l’insediamento dei batteri.



IL RISCALDATORE

Il riscaldatore è un accessorio indispensabile per la realizzazione di un acquario tropicale; i pesci tropicali infatti, al contrario dei pesci definiti da “laghetto” o da “acqua fredda”, richiedono temperature dell’acqua che possono variare dai 22°C fino ai 30°C .
Il tipo di riscaldatore più utilizzato è quello detto a “provetta”, che consiste in un tubo in vetro di forma cilindrica chiuso nella parte inferiore, al cui interno sono inseriti una resistenza e un termostato; nella parte superiore, stagna, viene posto il perno di regolazione del termostato e l’uscita dei cavi che terminano con una spina per l’alimentazione a 220 V; collegando la spina ad una presa di corrente la provetta si riscalda fino al raggiungimento della temperatura precedentemente impostata, che determinerà lo spegnimento della resistenza, che non si riaccenderà fino a che la temperatura non scenderà nuovamente sotto il valore prescelto.
Esistono anche riscaldatori a filo, detti “cavetti sottosabbia”, che vanno sistemati sul vetro di fondo dell’acquario ma il loro utilizzo è legato a particolari tipi di sottofondi sabbiosi. In questo caso solitamente l’unità di controllo è separata da quella riscaldante.
I riscaldatori si differenziano tra loro per la potenza della resistenza, si parte così da piccoli riscaldatori da 10W fino ai più grandi da 300W, la scelta va effettuata in base al litraggio complessivo che devono scaldare, maggiore è la quantità di litri maggiore sarà la potenza che dovremo scegliere per il nostro accessorio.
E’ importante scegliere il riscaldatore della giusta potenza: un riscaldatore troppo debole non riuscirà a compensare la dispersione termica della vasca verso l’ambiente esterno, pertanto, pur rimanendo costantemente in funzione, l’acqua non raggiungerà mai la temperatura impostata; viceversa, un riscaldatore troppo potente potrebbe comportare ampie oscillazioni della temperatura, in quanto anche una breve accensione causerebbe un repentino innalzamento della temperatura dell’acqua.
Per la scelta della potenza adeguata al nostro acquario, presumendo che l’acquario si trovi in un locale riscaldato e che quindi anche durante il periodo invernale la T non scenda sotto i 17°/18°, ci possiamo affidare alla “regoletta” di 1 Watt per litro, cioè se abbiamo un acquario da 50 Litri occorrerà un riscaldatore da 50W uno da 100L 100W e così via.
Per maggior precisione bisogna tenere conto del ∆t°, che si ottiene sottraendo il valore che vogliamo ottenere nella vasca a quello che abbiamo nell'ambiente: T°locale - T° acquario = ∆t°.

Qui sotto viene riportata una tabella che ci aiuta nella scelta del wattaggio ideale in base al ∆t° e ai litri del nostro acquario:

Tabella scelta riscaldatore


E’ comunque bene inserire un termometro per il controllo della temperatura, possiamo così controllare un eventuale guasto del nostro riscaldatore.


I guasti tipici del riscaldatore e le relative conseguenze sono due:

1° il riscaldatore smette di funzionare, quindi la temperatura dell’acquario si abbasserà, tanto più rapidamente quanto più l’acquario sarà piccolo; questo potrebbe causare un indebolimento dei nostri pesci rendendoli vulnerabili alle malattie.

2° il termostato si guasta e il riscaldatore non si spegne; in questo caso la temperatura potrebbe salire molto, con conseguenze negative per la fauna: con aumenti modesti alcune specie andranno già in sofferenza o incontro alla morte; nel caso queste superassero i 35°/40° C difficilmente qualche pesce riuscirà a sopportarle.

E' doveroso ricordare che le temperature troppo alte o troppo basse hanno conseguenze negative anche sulle piante e sulla flora batterica dell’acquario e del filtro.



L’AERATORE

L’aeratore è costituito da una pompa esterna che aspira aria dall’ambiente e la immette nel nostro acquario attraverso un tubicino che termina con un diffusore di materiale poroso; l’aria risale la colonna d’acqua per effetto della spinta di Archimede e crea l’effetto delle bollicine particolarmente visibili e apprezzate da molti da un punto di vista estetico. Il diffusore può essere una pietra porosa o un particolare arredo di discutibile gusto estetico (palombaro, teschio, forziere, ecc…).
Le bollicine sono quindi composte di aria, che è una miscela di vari gas fra cui Ossigeno (O2) e Biossido di Carbonio (CO2); solo una parte minima di questi gas riuscirà a disciogliersi in acqua, in quantità via via maggiore quanto più fini saranno le dimensioni delle bollicine; infatti, le bolle grandi hanno una superficie di scambio minore rispetto al loro volume e risalgono in superficie troppo velocemente. Inoltre le bollicine salendo muovono la superficie dell’acqua favorendo così uno scambio gassoso per effetto della rottura della tensione superficiale.
Molte persone che si avvicinano per la prima volta all’acquariofilia pensano che l’uso di un aeratore nell’acquario sia indispensabile per ossigenare l’acqua per i pesci; questo in parte è vero, ma vediamo di fare un po’ di chiarezza: l’aeratore è utile in acquari con molti pesci e poche piante o nessuna (es: acquari per ciclidi africani), ma negli acquari con molte piante e pochi pesci non solo è inutile, ma è persino dannoso, in quanto il movimento superficiale favorisce molto la dispersione della preziosa CO2, molto utile alle piante per il processo di fotosintesi dal quale viene prodotto ossigeno in genere in quantità più che sufficiente per garantire la vita e il benessere dei nostri ospiti.
Tuttavia riteniamo che sia opportuno avere a disposizione un aeratore in casa per ogni evenienza: in particolari situazioni, come eccesso di temperatura, uso di alcuni medicinali e eccesso di CO2 potrebbe rivelarsi indispensabile per salvare i nostri pesci, inserendolo al primo sintomo di affanno. Fra l’altro, fra tutti gli accessori per l’acquario è probabilmente il più economico.



L’IMPIANTO AD OSMOSI INVERSA

L’impianto ad osmosi è un impianto opzionale esterno all’acquario utile per la preparazione dell'acqua per i cambi; è composto da vari stadi (2-4) di forma cilindrica, il principale dei quali contiene la membrana di osmosi; in genere l’acqua attraversa prima un prefiltro meccanico per trattenere le eventuali impurità che danneggerebbero la membrana; la particolare membrana per principio di osmosi inversa trattiene tutti i sali contenuti nell’acqua della rete, gli altri eventuali stadi attraversati successivamente dal debole flusso di acqua trattengono ulteriori particelle. Si ottiene così un acqua molto pura simile a quella distillata; i valori dell’acqua di un buon impianto di osmosi dovrebbero essere i seguenti:

KH 0°
GH 0°
Conduttività < 5 µS (microSiemens)

Il valore del pH è abbastanza instabile visto il valore nullo o quasi dell’alcalinità (KH), e tendenzialmente acido con notevoli variazioni anche solo agitando il contenitore.

L’acqua di osmosi inversa, chiamata anche R.O. (Reverse Osmosis), non può essere usata così come esce dall’impianto direttamente nell’acquario, per via della totale assenza di sali e della instabilità del pH; vanno quindi aggiunti i sali per GH e alcalinità (KH) fino ad avere il valore desiderato oppure si può utilizzare per diluire l’acqua di rubinetto se questa ha una durezza troppo elevata.
Ad esempio se vogliamo ottenere un valore di GH 10° e alcalinità (KH) 5° e la nostra acqua di rubinetto ha valori di GH 20° e alcalinità (KH) 10°, sarà sufficiente utilizzare 50% di acqua di rubinetto e 50% acqua osmotica.

L'utilizzo di acqua R.O. pura, così come esce dall'impianto, risulta comunque idoneo in casi particolari, ad esempio per recuperare mediante rabbocco l'acqua evaporata dalla vasca, o per abbassare la durezza in acquario ... ma di queste cose si parlerà più avanti, nella parte che dedicheremo alla gestione dell'acquario.


L'IMPIANTO A CO2

L’arricchimento dell’acqua con CO2 (biossido di carbonio o anidride carbonica) è molto importante in tutti gli acquari molto piantumati; infatti le piante sfruttano il carbonio presente nella molecola per il processo fotosintetico, che è alla base dei processi metabolici e di crescita; le piante trattengono quindi il carbonio e rilasciano l’ossigeno nell’acqua che viene utilizzato per la respirazione dai pesci, invertebrati e batteri presenti. Tuttavia, mentre per le piante emerse l'anidride carbonica non è mai un fattore limitante, per le piante acquatiche in acquario la quantità di anidride carbonica disciolta in acqua è quasi sempre insufficiente per una crescita ottimale, malgrado la produzione di questo gas da parte degli animali. Questa carenza determina una crecita stentata delle piante e per contro favorisce le alghe, essendo queste meno esigenti.
Il CO2 si combina con l’acqua formando acido carbonico, pertanto determina un abbassamento del pH, che in genere è gradito entro certi limiti. Tuttavia, un eccesso di questo gas disciolto in acqua può essere letale per i pesci, sia per un abbassamento troppo elevato del pH, sia per il suo effetto asfissiante. Occorre quindi prestare la massima attenzione nella regolazione dell’erogazione di questo gas, contenendone la concentrazione entro 30mg/l!

Per la misura di questa concentrazione si usa in genere il metodo indiretto, che prevede la misura di altri due parametri (Ph e alcalinità):

Tabella calcolo indiretto concentrazione CO2


Un altro sistema di misura prevede l’uso di particolari reagenti contenuti in ampolle da attaccare permanentemente a l vetro dell’acquario.

L'impianto a CO2 è composto da più elementi: la bombola che può essere di tipo usa e getta o ricaricabile; un riduttore di pressione regolabile, che ci permette di regolare a nostro piacimento la quantità il flusso di CO2 somministrata, provvisto o meno di manometri per misurare la pressione di erogazione della bombola, per una regolazione più precisa; un contabolle che permette di quantificare la quantità di CO2 erogata; una valvola di non ritorno, per evitare un rientro di acqua nella bombola quando svotata; come ultimo stadio abbiamo il diffusore, che permette alla CO2 di sciogliersi in acqua, di tipo a flipper o a setto poroso; un ulteriore accessorio opzionale è l’elettrovalvola, collegata ad un timer 24 ore, utile per chiudere il passaggio della CO2 nelle ore notturne, nelle quali risulta inutile se non dannosa.

Vi sono anche impianti di differenti tipologia (a gel, a pastiglie, a fermentazione, a bombola manuale ed elettronici), utilizzati solo per acquari di piccole dimensioni e con esigenze limitate.

Esistono comunque casi particolari in cui l'erogazione continuata di CO2 24 ore al giorno sia fattibile, se non addirittura consigliabile, seppur in genere più blanda rispetto a quanto a parità di risultati avverrebbe erogando solo nel fotoperiodo, mi riferisco a plantacquari in stile olandese o ad allestimenti in stile "Nature Aquarium" in cui si ha una massa vegetale davvero notevole, e spinta a tassi di crescita elevati, in abbinamento ad una fauna quantitativamente esigua o addirittura del tutto assente, in questi particolari casi si realizza spesso un'oscillazione di pH minore erogando CO2 24 ore su 24 che non erogandola solo durante le ore di luce .... ma restano comunque situazioni abbinate ad un'acquariofilia di elevato livello, a cui magari arriverete col tempo, ma che si discosta nettamente dallo scopo di questa guida, che mira a fornire le nozioni basilari più importanti per chi si sta avvicinando per la prima volta al mondo dell'acquariofilia.


L'ILLUMINAZIONE

Nell’acquario l'uso delle luci ha tre funzionalità.

La prima, puramente estetica, è quella di permetterci di osservare l’acquario e i suoi abitanti; la seconda riguarda la fauna, in quanto il fotoperiodo influenza molto le attività vitali e comportamentali e riproduttive di pesci, crostacei e gasteropodi; infine la terza funzione, che è la più importante, riguarda la flora, poiché la luce stimola la fotosintesi delle piante e quindi la loro crescita.

Per la prima funzione, l’illuminazione non deve necessariamente rispettare particolari parametri di potenza e gradazione, pertanto qualunque sia il tipo di illuminazione di cui è dotato il nostro acquario, essa sarà sufficiente; per la seconda funzione, sebbene in alcuni casi bisognerà tener conto delle esigenze ecologiche delle specie introdotte, creando una situazione il più possibile simile a quella naturale (fotoperiodo, zone d’ombra…) nella maggior parte dei casi non bisognerà adottare particolari accorgimenti.
Sono comunque da evitare luci troppo intense, luci colorate, accensioni e spegnimenti repentini delle lampade, condizionati, ad esempio, dalla presenza o meno di ospiti a casa. Queste situazioni, infatti, stresserebbero gli abitanti, causandone sofferenza, malattie e a volte la morte.

Per quanto riguarda invece la scelta dell’illuminazione in funzione delle vegetazione, il discorso è ben più ampio, e dobbiamo tenere conto delle esigenze delle nostre piante in termini di luci con potenze e di temperature di colore adeguate, soprattutto se il nostro desiderio corrisponde a un acquario ricco di vegetazione.

La valutazione delle lampade in termini di flusso luminoso (lumen) e illuminamento (lumen/m2 o lux) è piuttosto complessa, pertanto ci si affida a delle valutazioni empiriche che utilizzano come unità di riferimento la potenza delle lampade fluorescenti rapportata ai litri dell’acquario; in pratica per valutare il tipo di illuminazione da usare o usata, è sufficiente dividere la potenza totale delle nostre lampade per i litri netti dell’acquario. Si tratta comunque di una approssimazione, ma è in genere abbastanza attendibile, in quanto le proporzioni geometriche delle vasche “standard” sono simili; tuttavia, in vasche di forme particolari (es: molto profonde) occorrerà utilizzare potenze differenti; inoltre il calcolo vale esclusivamente per lampade di tipo fluorescenti (le più usate); per altri tipi di lampade (HQL, HQI, Led….), bisognerà effettuare delle equivalenze confrontando i valori di flusso luminoso di tali lampade.

In ogni caso, una volta calcolato il rapporto potenza/litri, possiamo classificare il tipo di illuminazione della vasca in tre fasce ... debole, media, forte:

Illuminazione debole : valori < 0,4 W/l

Illuminazione media : valori compresi tra 0,4 e 0,8 W/l

Illuminazione forte : valori > 0,8 W/l

Esistono tabelle che catalogano le piante in queste tre fasce in base alle loro esigenze di luce.
Ad esempio, piante che non hanno particolari esigenze di luce, quali Anubias o Microsorum sono inserite nella prima fascia con illuminazione debole, piante esigenti come le rosse (che sono tra le più esigenti) sono inserite nella terza fascia, necessitando di valori di illuminazione superiori a 1 nel rapporto W/L.

Nelle schede realizzate sul nostro sito http://www.aquaexperience.it vengono sempre fornite informazioni in merito alla quantità di illuminazione richiesta da ogni pianta; inoltre, per la scelta delle piante relativamente alla luce disponibile (ma anche ad altri criteri) è utile il tools “ricerca avanzata piante” (cliccate qui per accedervi).

Un altro parametro da tenere in considerazione nella scelta delle lampade è la gradazione di temperatura di colore.
Le temperature di colore si misurano in gradi Kelvin (°K) in quanto si fa riferimento allo spettro luminoso teorico emesso da un corpo portato a tale temperatura.
Lo spettro emesso dalle lampade fluorescenti è differente da quello teorico pertanto c’è un altro parametro che misura la “qualità” della luce emessa: l’indice di resa cromatica (IRC). I valori tipici di questo indice nelle lampade fluorescenti per usi civili sono 7, 8 e 9; più è alto questo valore, più lo spettro emesso dalla lampada si avvicinerà a quello teorico. Ad un IRC alto corrisponderà una lampada più pregiata (e costosa) con un maggior numero di fosfori; le più usate sono le trifosforo (IRC=8), ma si possono anche utilizzare lampade quadri o penta fosfori (IRC=9); sono assolutamente da evitare quelle con IRC pari a 7 (ad uso industriale).
Nelle lampade ad uso civile, utilizzate anche da molti acquariofili nelle loro vasche, viene riportato un numero di 3 cifre, la prima delle quali è l’IRC, mentre le altre 2 identificano la temperatura di colore. Ad esempio, una lampada 865 avrà un IRC pari a 8 e una temperatura di colore di 6500°K (tipica della luce solare diurna). l’argomento è piuttosto complesso e può essere approfondito.

Visivamente percepiamo la differenza di colore della nostra luce: temperature basse avranno colori tendenti al giallo (es.:4000°K), all'aumentare della temperatura si avranno luci più bianche fino a tendere verso il colore blu.

La gradazione ideale per le piante è compresa tra i 3000° K e i 8000°K.
Esistono gradazioni superiori ma il loro utilizzo è preferibile in acquari dedicati agli allestimenti marini dove le esigenze dei coralli sono molto differenti. Tuttavia sussistono differenti scuole di pensiero.

Un accessorio molto importante da abbinare ad ogni lampada è il riflettore, che ottimizza le prestazioni del nostro sistema illuminante: infatti un tubo fluorescente irradia luce in tutte le direzioni, e senza riflettore metà della luce, quella verso l’alto, andrebbe persa. In questo modo si ottiene anche un discreto risparmio energetico a basso costo iniziale.
Molto spesso si dice che i riflettori fanno aumentare la potenza delle lampade, questo è assolutamente errato! La potenza delle lampade non può essere in alcun modo aumentata ma con l'ausilio delle parabole riflettenti si va a recuperare la parte di luce che verrebbe dispersa in altre direzioni.

Riflettore - Senza e con


I tipi di lampade che possiamo utilizzare sono diverse, ognuna con una sua particolare caratteristica, che si adatta alle diverse tipologie di acquario e allestimento; vediamole singolarmente:

- Tubi fluorescenti

Sono il tipo di illuminazione più comune di cui sono dotati gli acquari, questi sono tubi che contengono un gas (neon, elio, argon, azoto) che emette radiazioni luminose quando viene attraversato dalla corrente.
Si trovano in quasi tutte le gradazioni utilizzabili in acquario e sono abbastanza economici.
Hanno una vita media di un anno dopo di che perdono parte della loro emissione e devono essere sostituiti, tale perdita di emissioni molto spesso non è rilevabile ad occhio umano in quanto il gas interno continua ad emettere luce ma con meno intensità e spesso con una modificazione dello spettro luminoso che si ripercuote sull'intera vasca (minor efficacia sulle piante maggiore crescita delle alghe)
Lo svantaggio è dato dalla bassa potenza che queste lampade possono fornire in quanto legata alla loro lunghezza. Se si necessita di una illuminazione più forte l’unica possibilità è provvedere ad aumentare il numero di lampade.
Esistono due tipi di tubi fluorescenti : i tradizionali T8 (diametro 26 mm) e i più attuali T5 (diametro 16 mm) che garantiscono maggiori prestazioni a parità di dimensioni. Necessitano di un alimentatore (reattore ferromagnetico o ballast elettronico).

- Lampade a vapori di mercurio (lampade HQL)

Sono posizionate esternamente all’acquario che dovrà essere per forza di cose senza coperchio. Necessitano di un apposito alimentatore e di idoneo riflettore.
Hanno potenze che comunemente vanno da 60 a 125 Watt; rispetto alle precedenti possono raggiungere potenze maggiori e dimensioni molto più contenute.
Forniscono una luce di maggiore intensità, in grado di penetrare maggiormente nell’acqua e sono quindi più adatte in acquari con colonne d’acqua superiori ai 40cm.
La vita di queste lampade è maggiore rispetto a quelle fluorescenti arrivando anche a più del doppio senza perdite rilevanti.

- Lampade ad alogenuri metallici (lampade HQI)

Le lampade ad alogenuri metallici offrono una gamma luminosa più completa di quella offerta dalle lampade HQL e mettono a disposizione potenze maggiori rispetto a tutte le precedenti lampade.
Come per le lampade HQL l’acquario deve essere scoperto.
Il vantaggio rispetto alle precedenti è una miglior resa in termini di illuminazione con maggior penetrazione della colonna d’acqua.
Per questo motivo sono molto indicate negli acquari marini dove la quantità di luce deve essere ottimale anche nelle zone più basse.
Lo svantaggio è che dissipano molto calore e vanno quindi posizionate ad almeno 30/40 cm dall’acquario.
Necessitano inoltre di un filtro UV.

- Lampade PL

Concettualmente potrebbero rappresentare un tubo T5 piegato a U.
Data la particolare forma vi è una dispersione luminosa dovuta alla rifrazione interna tra i due tubi.
Come per le lampade fluorescenti necessitano di un alimentatore.
Restano comunque la scelta quasi obbligata per acquari di piccole dimensioni che vanno dai 15 ai 50cm di lunghezza, con un wattaggio variabile dai 9 ai 55W.
La durata e le altre caratteristiche sono analoghe a quelle dei tubi T5.



IL FONDO

Se si vuole utilizzare delle piante vere (ad eccezione delle piante epifite) nell’acquario sarà necessario predisporre un fondo in cui inserirle e farle radicare.
Il fondo ha un'importanza assoluta per la crescita delle piante, in quanto queste svilupperanno al suo interno le radici da cui trarranno i nutrienti.
Un buon fondo deve essere ricco di nutrienti ma questi devono essere rilasciati gradualmente e per lungo tempo; questo permetterà alle radici, tramite i processi chimici nelle loro prossimità, di trarre i nutrienti necessari senza liberare nella colonna d’acqua nutrienti che favorirebbero anche la crescita delle alghe indesiderate.

Per favorire la crescita ottimale delle piante, in linea generale, il fondo deve avere un altezza compresa tra i 5 cm e i 12 cm, avere una granulometria non troppo sottile per evitare che si compatti troppo formando zone prive di ossigeno (anossiche) che darebbero luogo a processi di putrefazione pericolosi sia per le piante che per i pesci.

Altra caratteristica importante è che il materiale utilizzato non sia calcareo; inserendo un fondo calcareo, infatti, si potrebbero avere problemi sia con le piante che con i pesci, in quanto, con il passare del tempo questo tipo di fondo rilascerebbe carbonati che si scioglierebbero nell'acqua innalzando così il KH, il GH, il pH e la conducibilità dell'acqua, cosa non gradita nella maggior parte degli acquari, con l’eccezione degli acquari dedicati ai ciclidi dei grandi laghi africani. E' bene, quindi, scegliere materiali ceramici o tipo quarzo, completamente inerti in acqua.

E' possibile utilizzare i materiali elencati di seguito singolarmente, realizzando fondi monostrato, o combinati fra loro per creare fondi multistrato; tuttavia alcuni tipi di substrato non sono adatti all'uso in superficie.

Vediamo quindi i vari materiali che possono essere utilizzati per il fondo:


- GHIAIA

E' costituita da pietroline di granulometria intermedia tra la sabbia i ciottoli e originate da diversi tipi di roccia.
Solitamente quella adatta per acquari non deve rilasciare carbonati e quindi non deve essere di origine calcarea.
Si trova in diversi colori, a seconda del tipo di roccia e di minerali che la compongono. Ne esistono anche versioni con forti colori artificiali (giallo, rosso, blu, verde, ecc..), di grande impatto finché si trovano nelle piccole vasche dei negozi, ma se ne sconsiglia l’acquisto proprio perché innaturali.
La granulometria ideale di un buon ghiaietto, che permetta la circolazione dell’acqua anche nel sottofondo, varia tra i 3 e i 5 mm.
È consigliato lavare la ghiaia prima di inserirla nell’acquario diverse volte, fino a che questa non avrà eliminato completamente il pulviscolo.

- SABBIA

E' simile alla ghiaia ma di granulometria più sottile.
Se la granulometria è molto fine si sconsiglia di creare un fondo molto alto (superiore ai 5 cm) al fine di evitare il compattamento che impedirebbe la circolazione dell’acqua, con conseguente mancanza di ossigeno nel fondo e rischio di formazione di sacche anossiche.
Si può ovviare a questo problema con l’inserimento di un cavetto riscaldante sottosabbia.
Come per la ghiaia si consiglia di lavarla prima dell’inserimento.
È adatta agli acquari che hanno pesci che amano rovistare il fondo o per la creazione di zone decorative.

- POZZOLANA (o LAPILLO VULCANICO)

E' un ottimo materiale da usare come strato più basso (substrato) da ricoprire con la ghiaia.
Molto economico e di granulometria medio grande, favorisce molto la circolazione dell’acqua.
Inoltre la sua ottima porosità favorisce l’insediamento di batteri utili alla decomposizione delle sostanze che si depositano sul fondo.

- GRAVELIT

Materiale utilizzato spesso come sottofondo; assomiglia molto all'argilla espansa, presenta una porosità molto accentuata e una granulometria piuttosto grossolana.
La sua struttura porosa consente un ottima colonizzazione da parte dei batteri e la granulometria grossolana permette una buona circolazione dell'acqua, queste due caratteristiche fanno del gravelit un ottimo substrato da ricoprire eventualmente con del ghiaietto policromo.
La sua porosità fa si che spesso gli apparati radicali delle piante si "aggrappino" ai singoli granelli, non è insolito infatti trovare dei granelli di gravelit attaccati saldamente alle radici quando si estrae una pianta dal fondo.
Non altera in nessun modo pH e KH, è inerte e va quindi fertilizzato con appositi prodotti.

- TERRE ALLOFANE

derivano da suoli di origine vulcanica, costituiti prevalentemente da minerali Allofani, silicati di alluminio che, a differenza di quelli tipicamente costituenti le argille, non hanno una struttura cristallina, e pertanto si definiscono “amorfi”.
Sono caratterizzate da una buona Capacità di Scambio Cationico (CSC) o Cation Exchange Capacity (CEC), ovvero sono capaci di adsorbire e fissare numerose sostanze nutrienti, quali ad esempio il calcio, il magnesio, il potassio, l'azoto ammoniacale, il fosforo, e renderle disponibili all’occorrenza per le piante attraverso i processi chimici di scambio ionico che si verificano in prossimità delle radici.
Questi suoli vengono utilizzati da tempo in floricultura, in particolare per la coltivazione dei bonsai, e solo recentemente sono stati impiegati anche in ambito acquariofilo.
Rispetto a buona parte delle argille, con le quali condividono una equivalente “fertilità potenziale”, presentano alcuni evidenti vantaggi:
- non sono impermeabili, pertanto possono assorbire l’acqua e i nutrienti;
- mantengono inalterata la loro granulometria (non si auto compattano), lasciando circolare l’acqua nel substrato, evitando quindi problemi di asfissia delle radici, favorendo quindi la radicazione;
- non rilasciano polveri, se non inizialmente, anzi rendono l’acqua cristallina.
Le terre allofane originariamente non sono fertili, ma possono diventarle saturandole con gli elementi che saranno poi utili per la crescita delle piante.
Inizialmente questo tipo di fondo ha la tendenza ad adsorbire una grande quantità di sali minerali e conseguentemente è necessario monitorare i valori di GH e KH, integrandoli o facendo cambi d’acqua molto consistenti, fino alla “maturazione” del fondo, quando smetterà di assorbire i sali potremo procedere con l’allestimento dell’acquario; a tal proposito alcuni sostengono che per la maturazione si può utilizzare un contenitore dove inserire la terra allofana immersa in acqua, cambiando questa giornalmente fino alla maturazione, e al conseguente inserimento nell’acquario.
La terra allofana più nota è l’Akadama, proveniente dal Giappone; qui viene raccolta e asciugata, riscaldata per rimuovere organismi e parassiti, infine frantumata in granuli di diverse grandezze e confezionata.

- ALTRI MATERIALI

In commercio si trovano fondi già completi e fertilizzati, prodotti dalle svariate aziende del settore; ogni prodotto ha la sua caratteristica e le sue proprietà. Alcuni di essi possono essere usati per l'intero spessore, altri solo per la parte sottostante, altri ancora si possono considerare dei fertilizzanti solidi da miscelare ad altri substrati.
Proponiamo di seguito un elenco non esaustivo dei principali materiali “commerciali”; si rimanda il lettore alla consultazione delle schede di prodotto disponibili sui siti web dei produttori:

· Ada Power Sand
· Ada Power Sand Special
· Ada Aqua Soil (New Amazonia, Malaya, Africana)
· Ada Sarawak Sand
· Ada Nile Sand
· Ada Congo Sand
· Ada Mekong Sand
· Aquili Substrato Fertilizzante
· Aquili Substrato Poroso
· Anubias Linea Attiva Fondo Attivo
· Azoo fertilizer color basic
· Dennerle Deponit Mix Professional
· E'quo Eden
· E'quo Vigor
· Elos Bottom mineral
· Elos Terra (Black, Small, Medium)
· JBL Aquabasis (normal e plus)
· JBL Manado
· Knott's Nature Soil
· Prodac Fertil Plant
· Seachem Fluorite (normale, dark, red o black e black sand)
· Seachem Onyx Sand
· Sera Floredepot
· Sera Floreground
· Tetra Plant Complete Substrate
· Tropica Plant Substrate
· Wave Master Soil

 

ARREDI


- LE ROCCE

Le rocce sono elementi di arredo molto usati negli allestimenti di ogni genere ma sebbene siano facilmente reperibili in natura, non tutte sono adatte agli acquari o alcune sono più indicate rispetto ad altre.
È molto importante che le rocce che si inseriranno non siano di origine calcarea per evitare l’alterazione dei valori, salvo allestimenti particolari quali quelli dedicati all'allevamento dei ciclidi dei grandi laghi africani ed alcuni tipi di plantacquari in cui si adottino particolari gestioni e abbinamenti mirati di rocce calcaree e fondi allofani, elementi i cui effetti si vadino a compensare vicendevolmente, ma in quest'ultimo caso non si tratta propriamente di livelli di acquariofilia consigliabili ad un neofita, cui eventualmente potrete arrivare per gradi, quindi non è questo il contesto adatto alla loro trattazione.
Per capire se le nostre rocce sono calcaree o no basta versarvi sopra alcune gocce di viakal o acido muriatico: se “friggono”, producendo un suono tipo sfrigolio, significa che sono calcaree.
Alcune rocce hanno profili molto taglienti e non sono adatte nelle vasche dove ci sono pesci timidi che se spaventati potrebbero urtarle e ferirsi molto gravemente, sono quindi da preferire le rocce dai bordi tondeggianti.

- I LEGNI

L’idea di utilizzare legni raccolti in natura è una tentazione molto forte ma molto spesso questi legni non sono adatti ad essere inseriti in acqua, alcuni rilasciano sostanze tossiche tipo le resine, alcuni non sono adatti alla vita sommersa e marciscono dopo qualche tempo che sono stati inseriti.
Inoltre eventuali sostanze indesiderate che erano venute a contatto con questi legni. verranno rilasciate nell’acquario in tempi brevi o lunghi.
Per chi volesse provare a utilizzare legni raccolti in natura consigliamo quindi questa nostra guida "preparazione legni" (per accedervi cliccate qui).
Una alternativa più semplice e sicura è l’inserimento di legni appositi per l’acquariofilia (radici di mangrovia o di giava, legni di manila o mopani, bamboo e sughero con particolari attenzioni) ossia legni duri che non marciscono, stagionati, che non rilasciano sostanze. E' utile, con questi legni, prendere qualche precauzione. Dato che non sappiamo con cosa sono venuti a contatto, è meglio bollirli almeno un paio di volte, questo aiuterà anche ad eliminare parte degli acidi umici che rilasciano una volta inseriti in acqua. Seppur innocui, questi acidi colorano la nostra acqua facendola diventare giallognola e, a differenza dei pesci, non tutti gli acquariofili gradiscono questo effetto.

 

 

Ora che ci siamo fatti un’idea di come potrà essere il nostro acquario possiamo finalmente passare alla fase dell’allestimento, che verrà trattata prossimamente, nella parte seconda di questa guida.

 

Clicca qua per la seconda parte della guida.

 

Autori: Mauro Antoniazzi, Paolo Ranzato

Ultimo aggiornamento (Mercoledì 30 Aprile 2014 18:48)

 

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