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Estetica in acquario

 

Estetica in acquario

Ovvero “La nobile via dell’aquascape

 

di: Andrea Tarallo (nick su AE: Endriu)

 

Schizzo su carta come bozza di layout - Disegno di: Andrea Tarallo

 

Ognuno di noi è rimasto almeno una volta a bocca aperta di fronte a una delle magnifiche creazioni dei grandi dell’aquascape, e sicuramente ci sarà venuta la voglia di cercare di emulare alcuni di questi capolavori acquariofili. Anche perché un acquario è un mondo da comprendere, da curare, ma soprattutto da osservare, e qual è la soddisfazione più grande per un appassionato come noi se non quello di avere un acquario in salute, e che riesca contemporaneamente ad incantare anche il più scettico dei nostri amici o familiari? Lo scopo di questo articolo è perciò quello di dare un’idea di alcune delle maggiori tecniche utilizzate nell’aquascaping, cercando di funzionare così da guida per chi vuole allestire un acquario e non ha molta esperienze in tema di composizione, o a chi semplicemente vuole approfondire alcune tecniche o chiarire qualche dubbio. Ricordiamoci però che il piacere di allestire, osservare e mantenere un bell’acquario è prima di tutto ad appannaggio del proprietario: fare un acquario per far si che piaccia agli altri, o per presentare una bella opera sul nostro forum preferito, o addirittura per partecipare ad un contest non è certo un buon punto di partenza, e del resto non rientra neanche tra gli scopi di quest’articolo. Ribadiamo quindi ancora una volta il concetto per il quale valgono in prima battuta il divertimento e il piacere nell’allestimento e nel mantenimento dell’acquario, senza naturalmente dimenticarsi della salute degli ospiti, che seppur rinchiusi tra cinque lastre di vetro possono vivere in maniera ottimale, a patto che ci si prenda cura di loro.

 

Fotogallery Estetica in acquario

 

 

Le regole principali di composizione

 


La sezione aurea


Il concetto di sezione aurea si pone trasversalmente tra le culture e le persone che si sono occupate nei secoli di proporzioni artistiche e geometriche nell’arte e nella natura, dagli antichi egizi, ai grandi filosofi e studiosi greci, al medioevo, fino ai giorni nostri. Ma che cos’è la sezione aurea? Da definizione essa è la parte del segmento che è media proporzionale fra l'intero segmento e la parte rimanente.

 

Riassunto in una proporzione:  a : x = x : (a - x)

 

Schema sezione aurea - Disegno di: Andrea Tarallo

 

In pratica essa rappresenta un rapporto riconducibile alla suddetta formula, e legata al valore di 0,618. Detta in altre parole, se un rapporto fra due numeri da 0,618 significa che essi sono in un rapporto aureo tra di loro.


Sia le sue proprietà geometriche e matematiche (a.e. la famosa sequenza di Fibonacci è una sequenza “aurea” perché il rapporto tra i numeri successivi è 0,618), che la frequente riproposizione in svariati contesti naturali e culturali (le conchiglie dei gasteropodi o le pigne si avvolgono con una spirale “aurea”), apparentemente non collegati tra loro, hanno impressionato nei secoli la mente dell'uomo, che è arrivato a cogliervi col tempo un ideale di bellezza e armonia, spingendosi a ricercarlo e, in alcuni casi, a ricrearlo nell'ambiente antropico quale "canone di bellezza", per porsi oggi al centro dello studio dell’estetica in acquario.


Nella costruzione di un paesaggio sommerso, l’applicazione di queste proporzioni può essere applicata a tutti i molteplici oggetti presenti sulla scena. Per semplicità (e anche per effettive esigenze pratiche che richiede un allestimento) la ricerca di questi rapporti aurei si riduce essenzialmente al posizionamento del punto focale e al rapporto tra i pesi visivi dei diversi oggetti del layout, quindi piante e arredi.

 

 

Vasca vuota


Per creare un layout ad effetto non basta avere una vasca vuota e il necessario per allestirla. Più importante ancora dei materiali è l’idea. Allestire una vasca senza un'idea sull’obbiettivo da raggiungere porterà quasi sempre alla costruzione di un layout disordinato, senza punti focali per l’osservatore, e poco soddisfacente per chi lo allestisce. Il consiglio che sentiamo di dare in assoluto è quello di imparare ad osservare le vasche altrui. È vero che la ricostruzione di un ambiente naturale richiede prima di tutto un senso estetico ed un'osservazione della natura spiccati, ma è anche vero che non sempre un appassionato di paesaggi naturali saprà riprodurre quelle stesse sensazioni in vasca. Quindi una attenta rassegna delle vasche più belle (e anche di quelle più brutte) saprà darci i giusti spunti e le soluzioni più efficaci per ricreare ciò che abbiamo in mente. Un altro consiglio che di solito si da è quello di buttare giù nero su bianco le idee di layout. Non sempre questo passaggio è necessario, per il semplice motivo che non tutti siamo abbastanza bravi da poter disegnare uno schizzo efficace del nostro futuro acquario. Sicuramente però una cosa che tutti possiamo fare è trovare la giusta disposizione degli arredi a secco, direttamente nella vasca completa magari di un fondo inerte, o su una superficie che richiami le misure interne della nostra vasca. In questa fase è importante prevedere l’inserimento della vegetazione. Una volta trovata la posizione che più ci aggrada potremo passare alla disposizione delle componenti in maniera definitiva. La creazione di un layout o scenario inizia sin dalle prime battute, a vasca vuota il primo elemento che si deve inserire è il fondo.

 

Il fondo

Autore (della sola parte dedicata al fondo): Marco Manganaro - Nick su AE Marco85


Il fondo assume una grande importanza per la prospettiva, per la profondità e per evidenziare gli elementi del layout: rocce, legni e piante. La sistemazione del fondo è spesso sottovalutata, poiché quest’elemento è visto spesso solo per la sua funzione principale di substrato di accrescimento per le piante. Si deve considerare però che quando si vuole ricreare un layout, quindi uno scenario naturale o una composizione che sia Iwagumi, di soli legni o mista, lo spazio a disposizione dell’acquariofilo è molto ristretto. Uno dei primi obbiettivi da raggiungere, perciò, è l’illusione di profondità. E il primo mezzo per cercare la profondità è proprio la sistemazione del fondo. Un fondo piatto infatti porrà sullo stesso piano e livello tutti gli elementi della vasca, e ogni cosa nasconderà l’altra senza possibilità per l’occhio dell’osservatore di guardare oltre gli elementi.


La pendenza del substrato verterà su una scelta di questo tipo: partendo da almeno 4-5 cm sull’anteriore fino ad arrivare a 10-12 cm sul quello posteriore. Questa è una pendenza classica, lineare, che partendo dal vetro frontale aumenterà fino al vetro posteriore. Questo tipo di sistemazione permette di avere una buona profondità e di non sovrapporre gli elementi. Nel caso del Nature Aquarium concepito da Takashi Amano, la sistemazione del fondo è più articolata, e inoltre può prevedere zone non piantumate come zone sabbiose. La regola fondamentale anche in questo caso è rispettata, ovvero la pendenza segue sempre lo stesso corso (zona anteriore più bassa e zona posteriore più alta) ma con delle differenze: nel Nature Aquarium vengono spesso utilizzati degli avvallamenti o simulazioni collinari negli angoli posteriori della vasca. Questo permette, in particolar modo negli Iwagumi e nei Landscape (acquari di rocce che simulano paesaggi lontani), di poter avere un avvallamento nella fascia centrale dove potranno affacciarsi i vari elementi del layout, e che simulerà anche una piccola stradina che rappresenterà la prima via di fuga, conferendo in tal modo ampia profondità alla composizione.

 

Utilizzo del polistirolo - Foto per gentile concessione: Marco Manganaro

 

Spesso alcuni scenari richiedono una pendenza molto elevata, difficile da conservare però senza particolari accorgimenti. Infatti spesso il fondo si assesta con l’acqua livellandosi e rendendo vani i nostri sforzi iniziali. Ci sono diverse tecniche per evitare questo problema. Una delle più usate è creare dei recinti di rocce che sbucano al di sotto del fondo trattenendo così eventuali frane, creando però un problema che verrà evidenziato in seguito nell’articolo. Un altro stratagemma pressoché identico al precedente è di appoggiare rocce ai piedi delle colline, senza infossarle, contornandole e contenendo le eventuali frane.


Un trucco spesso utilizzato per l’allestimento di grandi acquari consiste nell’alzare lo spessore del fondo nelle zone prescelte con altri  materiali prima di mettere a dimora i vari strati del fondo che abbiamo scelto. Questi materiali possono essere rocce o meglio del polistirolo, con il quale potremo alzare la base dove verrà poggiato il fondo in modo da non raggiungere le altezze proibitive con il terriccio che causerebbero frane del substrato e pericolose zone anossiche. L’utilizzo del polistirolo protegge e assorbe anche il peso degli arredi che in caso di grossa mole di rocce potrebbero gravare troppo sulla base della vasca. Il polistirolo permette anche di creare piccole zone sovrapposte di diversi piani come nell’esempio della foto appena mostrata. Successivamente il polistirolo non galleggerà poiché vi saranno fondo e rocce a tenerlo giù. In ogni caso è meglio non eccedere qualora non si utilizzerà un buon numero di rocce o di un peso rilevante. Il plexiglass è un altro materiale utilizzato a volte per racchiudere le pendenze. È bene farlo fuoriuscire leggermente dal substrato, successivamente la vegetazione renderà tutto invisibile.


L’utilizzo di zone sabbiose è un elemento che negli ultimi anni viene sempre più adoperato. L’effetto è molto suggestivo e da ampiezza alla composizione. Il primo problema che questa scelta comporta è la messa a dimora e far sì che il substrato inerte (la sabbia) non si mescoli con quello fertile di messa a dimora delle piante. Durante l’allestimento la tecnica più efficace è utilizzare dei cartoncini abbastanza spessi in modo da dividere la zona in cui vogliamo ci sia la sabbia. Prima del fondo è bene inserire la sabbia e portarla all’altezza desiderata, poi successivamente si inserirà il fondo che in prossimità del confine della sabbia deve essere allo stesso livello di quest’ultima. Una volta completata l’operazione di riempimento dei confini, si potranno rimuovere i cartoncini e il peso e la stessa altezza dei fondi presso il confine renderanno stabile il tutto.

 

La sabbia viene usata principalmente in due modi :


1)    si ricopre tutta la fascia anteriore che sarà 1/5 o 1/4 della profondità della vasca o anche di più a seconda delle intenzioni. Con questa soluzione si otterrà l’effetto di natura a ridosso di una spiaggia, il primo piano quindi sarà molto arioso e tranne qualche roccia o legno sarà pressoché  libero, il che conferisce una buona profondità di campo all’osservatore.


2)    la creazione di una stradina a imbuto di sabbia che punta verso il vetro posteriore. L’effetto imbuto e quindi di restringimento man mano che ci si allontana dal vetro frontale, crea un effetto ottico di lontananza, che dovrà essere assecondato ad esempio con rocce di dimensioni a scalare da più grandi sul primo piano a via via più piccole sul secondo piano. La stradina di sabbia può anche svoltare bruscamente dietro ad un arredo, e la sensazione di “curva” aumenterà ulteriormente la sensazione di profondità del layout.

 

Ci sono altri modi di utilizzare la sabbia, per simulare fiumi o torrenti, anche se recentemente la cera è il materiale utilizzato di preferenza per tale scopo. La zona sabbiosa può essere delimitata anche agli angoli.

 

Inserimento degli arredi


Abbiamo sognato per mesi il nostro nuovo allestimento, ci siamo “rifatti gli occhi” sulle vasche dei più bravi aquascapers mondiali, l’abbiamo immaginato nei momenti più strani della giornata, lo abbiamo disegnato, e ora finalmente abbiamo la nostra vasca piena solo delle nostre aspettative di fronte a noi! Gli arredi andranno disposti nello scenario nel modo più omogeneo e naturale possibile. Ricordandosi di scegliere i punti focali sui quali cadrà lo sguardo dell’osservatore già in queste prime battute, la sensazione che dovremmo cercare di ricreare sarà quella dell’armonia e dell’omogeneità. Le rocce e i legni si dovranno fondere tra loro, e si dovrà sempre tenere a mente la futura presenza delle piante. Oltretutto anche la praticità e la stabilità del layout giocheranno un ruolo essenziale. Ricordiamoci che l’acquario dovrà subire lungo il suo percorso manutenzioni ordinarie (pulizie dei vetri, del fondo, potature, ecc), che sarà abitato dai nostri amici acquatici, che non gradiscono di certo frane improvvise degli arredi, e che ci sarà l’acqua. Anche se quest’ultima affermazione può sembrare una banalità, può talvolta sfuggire che un legno che a secco abbia trovato una posizione perfetta, in acqua venga facilmente spostato dalla corrente. Oltretutto è consigliabile tenere in ammollo i legni prima della costruzione dell’hardscape in modo da evitare il loro galleggiamento, e di dover inserire fastidiosi contrappesi nel primo mese della vasca.


Anche gli spazi vuoti giocano dei ruoli importanti in un layout di spessore. La visuale della via di fuga dovrà essere sempre libera, e il litraggio della vasca al netto degli arredi potrà essere importante per dare più spazio agli animali che la abiteranno e al materiale tecnico (pompe di movimento in primis).


Una volta sistemati gli arredi la cosa più ragionevole da fare è… aspettare ancora un po’! Può capitare che un hardscape che inizialmente possa sembrare gradevole dopo uno o due giorni risulti poco soddisfacente. In questo caso gli spostamenti a secco saranno molto più agevoli, e avremo anche il tempo di confrontarci eventualmente con altri appassionati. Alcuni aquascapers molto bravi, al contrario, preferiscono non mostrare l’hardscape fino a che la vasca non abbia raggiunto un buon grado di maturità, proprio per evitare di farsi influenzare. Quando avremo deciso la definitiva posizione degli arredi, potremo riempire la vasca stando attenti a non smontare tutto con il getto dell’acqua. Alcuni trucchi prevedono l’utilizzo di una busta di plastica o di fogli di carta posati sull’hardscape a smorzare il flusso, oppure facendo cadere l’acqua a pioggia lungo i bordi della vasca.

 

La scelta delle piante


Lo stile del Nature Aquarium è figlio della lunga tradizione dell’acquario di piante, o “olandese”. Come in quest’ultimo, infatti, anche l’acquario naturale è ricco di vegetazione. La differenza però è lampante: nell’acquario naturale l’attenzione non è più incentrata sulle piante, ma le varie essenze si fondono tra di loro a dare una sensazione di continuità e naturalezza a tutto lo scenario. L’acquario naturale prende il suo nome proprio dal fatto che esso è una trasposizione in vasca di un angolo di natura, sia esso lo spazio alla base di due tronchi d’albero, una ramo sommerso sulle rive di un fiume, un’ampia vallata. In questo contesto la scelta delle piante risulta essenziale, sia perché le dimensioni dovranno essere adeguate al layout, sia perché i loro colori ci aiuteranno proprio nella ricerca della naturalezza e della profondità del layout.


Per quanto riguarda la grandezza delle piante e delle sue foglie vale la regola generale che le piante con foglie più grandi dovranno essere posizionate nelle zone più vicine al vetro anteriore. Al contempo le foglie più piccole dovranno appartenere alle piante più vicine al vetro posteriore. Il risultato sarà ancora quello di ottenere un allontanamento dello sfondo della vasca, donando più profondità al layout. Questo criterio di composizione si affianca alla necessità di usare, al contempo, le piante più alte dietro e quelle più piccole anteriormente, una scelta obbligata vista l’esigenza di non chiudere la via di fuga che dà verso “l’orizzonte visivo”, un effetto che cercheremo di raggiungere per acquistare sempre in profondità.


Nel primo piano, le piante utilizzate in genere a questo scopo sono: Staurogyne, Anubias nana e la sua variazione “bonsai”, Cryptocoryne spp, e in genere tutte quelle piante con foglia larga e stelo corto. Le piante da utilizzare per lo sfondo sono moltissime, dai generi a stelo (Rotala spp. in primis) a quelle a rosetta alte, come le Eleocharis acicularis e vivipara giusto per fare un esempio.

 

Foto per gentile concessione: Marco Manganaro

 

Anche il colore gioca un ruolo importante nella disposizione e nella scelta delle piante. Il contrasto cromatico tra le diverse specie aiuta a definire meglio i contorni del layout e a sostenere una sensazione di profondità, per non appiattire lo scenario. In genere si tende ad utilizzare le piante più scure sullo sfondo e le più chiare sul lato anteriore della vasca.


La presenza di folti cespugli di piante a stelo sullo sfondo è utilizzato in molti layout. La sensazione che ne deriva è quella che la vasca continui anche al di là di questi cespugli, che osservati nel loro insieme sembrano quasi delle colline in lontananza. La pianta più utilizzata in questi casi è sicuramente la Rotala rotundifolia, che grazie alla sua facilità di coltivazione e alla sua colorazione rosa/arancione che assume sotto una buona luce e una buona fertilizzazione, può dare molta soddisfazione sia nella coltivazione che nel suo effetto complessivo. Utilizzata da sola o in combinazione con altre essenze si è resa protagonista in molti capolavori dell’aquascaping mondiale.

 

Layout di: Marco Manganaro - Foto per gentile concessione: Marco Manganaro


In ultimo, la scelta delle piante dovrà essere legata alle dimensioni della vasca: è intuitivo che una vasca con un altezza di 30 cm non potrà ospitare una enorme Echinodorus. C’è tuttavia da tenere conto sempre dell’effetto complessivo del layout. In vasche di basso litraggio, come i piccoli caridinai, le scelte dovranno ricadere essenzialmente sui muschi e sulle specie più piccole (Hemianthus callitrichoides, Micranthemum, ecc.).

 

Un piccolissimo acquario con largo impiego di muschio Taxiphyllum sp. spiky - Layout e foto: Andrea Perotti

 

 

La via di fuga


La via di fuga è il punto visivamente più lontano della composizione. In sostanza è lo spazio che viene lasciato libero sullo sfondo dell’acquario per fare in modo che l’occhio venga “ingannato” dalla sensazione che dietro al layout, in qualche modo, il mondo che abbiamo creato nell’acquario continui. Esso rappresenta l’orizzonte del layout e il prodotto di tutti i nostri sforzi alla ricerca della profondità.

 

Old Black Wood, di Enrico Fortuna - Foto per gentile concessione: Enrico Fortuna

 

Di solito non si da molta importanza alla “costruzione” di una vera e propria via di fuga, poiché di solito l’orizzonte dell’acquario è lasciato libero in alcuni dei suoi punti già come risultato delle scelte stilistiche che avremo fatto per l’impostazione del layout. Può tuttavia capitare in acquari fittamente piantumati, molto rigogliosi, o con un hardscape molto importante, che tutti gli spazi dello sfondo siano occupati. In questo caso dovremo preoccuparci di costruire una via di fuga ad hoc, che andrà a ricadere, di solito, tra i punti più importanti del layout (i due gruppi di rocce in un Iwagumi, all’incrocio dei rami in un ryoboku, accanto ad una essenza rossa in un Olandese). Esso, nel contesto di una foto che vorrà esaltare al massimo le qualità della composizione, andrà opportunamente retroilluminato. Un acquario senza una via di fuga risulterà buio, soffocante, e darà una sensazione di artificialità al layout.



Landscape


Con “landscape” si intende il fermo immagine di un paesaggio naturalistico. Il termine è di origine anglo-americana, ma possiamo di certo far risalire la costruzione dell’acquario “paesaggistico” alle antiche arti asiatiche del Saikei e del Penjing. Esse si riferiscono alla costruzione di un minipaesaggio dove le componenti vive (Bonsai) e quelle inanimate (Suiseki, cioè le rocce) si fondono, riflettendo le relazioni spirituali tra uomo, cielo e natura. Sono in genere costruzioni portatili, e rappresentano un po’ dei luoghi spirituali “concentrati”. Idealmente l’intervento umano è invisibile, e ciò che rimane all’osservatore è la consapevolezza che, da qualche parte nel mondo, quel paesaggio esiste, oppure è sempre esistito nel profondo del suo animo.


La costruzione di un Landscape acquatico si baserà di certo sulla ricerca maniacale della fusione tra gli elementi vivi e l’arredo. La sensazione che si vorrà ricreare sarà quella di una riproduzione fedele di una natura “ideale”, dove nessun elemento è lasciato al caso. Oltre a seguire le regole principali di composizione, la cosa fondamentale in questo caso è il rispetto delle proporzioni. A partire dal vetro anteriore verranno posizionate le piante con foglie più grandi, fino alle piante con le foglie più piccole che occuperanno gli spazi a ridosso del vetro posteriore. Non è inusuale in questi casi utilizzare addirittura dei ciuffi di muschi nella parte più lontana del layout a simulare delle conifere in lontananza. Allo stesso modo verranno posizionati gli elementi di arredo: le rocce più ricche in particolari possono dare l’impressione di essere molto vicine rispetto a delle rocce dal profilo più semplice ma posizionate sul retro della composizione, e i legni più sottili andranno a rappresentare quelli più lontani.



In questo tipo di acquari la via di fuga ottiene la sua massima espressione, e viene di solito posta al centro della composizione

 

Oriente ed Occidente, di Pasquale Buonpane - Foto per gentile concessione: Pasquale Buonpane

 


o sul terzo opposto all’altro elemento di maggior tensione.

 

Syrah, di Filipe Alves Oliveira - Foto per gentile concessione: Filipe Alves Oliveira

 


In ogni caso, più che mai, essa rappresenta la linea dell’orizzonte, e durante una foto importante se opportunamente retroilluminata contribuirà a far sembrare il nostro layout ancora più spazioso.



Ryoboku: l’acquario di legni


La tecnica del layout “legnoso” è di certo la più utilizzata ma, probabilmente, anche la meno capita. In sè per sè non sembra difficile mettere assieme dei legni per creare uno scenario, ma chiunque abbia provato nell’intento saprà quanto è difficile disporre gli arredi per dare l’impressione che la scena che stiamo osservando sia davvero una scena subacquea.


Nell’arrangiamento più semplice i legni vengono disposti in modo da formare un’arrangiamento ad “X”. Mr. Amano ci ha fornito moltissimi esempi di questo tipo di layout, che normalmente viene allestito in acquari con uno sviluppo piuttosto verticale. Il tipo di legno da preferire in questo tipo di ryoboku sono i cosiddetti driftwood, cioè i legni consumati dal moto ondoso che possiamo trovare sulla spiaggia. Quando scegliete i legni, a prescindere dal tipo, è importante considerare le dimensioni della vasca. Ad eccezione degli acquari aperti, i legni troppo grandi non sono adatti. Negli acquari aperti, invece, non è insolito vedere i legni che escono fuori, e dai quali potranno anche svilupparsi delle piante nella loro forma emersa. Nell’Acquario Naturale normalmente si dispongono diversi legni per creare la struttura della composizione. Mettendo insieme alcuni pezzi di legno piuttosto piccoli è possibile dare l’apparenza di un unico pezzo grande. A contornare la composizione legnosa allo scopo sia di rendere più naturale la scena che stiamo allestendo sia di incastrare meglio tra loro i legni, utilizziamo delle rocce. La presenza delle rocce conferirà anche una sensazione di solidità e di unione di tutto l’insieme. É chiaro che in layout di questo tipo le rocce non potranno prendere il sopravvento visivo sulla parte legnosa, perciò saranno generalmente piccole o in parte ricoperte dalla vegetazione. La piantumazione in questi casi è generalmente molto fitta sul retro dei legni, allo scopo anche di smorzare il centro della “X” della composizione, e i legni stessi possono anche essere totalmente ricoperti di muschi ed epifite. Le preferite sono, oltre alle solite e sempre belle Anubias, Microsorum nelle sue variazioni più disparate (narrow leaf su tutti), Bolbitis. Per la parte posteriore la scelta è davvero molto ampia, dalle piante a rosetta e nastriformi (Eleocharis vivipara e Vallisneria spiralis var “nana” le principali) alle essenze a stelo, tra le quali, con un'illuminazione adeguata, potremo scegliere davvero tra decine di specie diverse (il genere Rotala è di certo il più utilizzato).


Agli albori di questo stile si tendeva generalmente a costruire nella parte anteriore della composizione una zona di “spiaggia” non piantumata. A ridosso della spiaggia possiamo trovare stralci di vegetazione che provengono dal layout (di solito Anubias, muschi e Riccia fluitans) rocce, sassolini, sempre allo scopo di rendere il layout un vero angolo di natura. Con il tempo la tecnica si è evoluta, e molti sono gli esempi di Ryoboku riccamente piantumati anche sulla parte anteriore. Anche in questo caso però sarà importante non perdere quella pendenza del substrato e quella sensazione di poter “scalare” il layout con la vista fino alla via di fuga.

 

The Schelter, di Andrea Ongaro - Foto per gentile concessione: Andrea Ongaro

 

Il Ryoboku si è adattato a mano a mano alle varie interpretazioni. Non è difficile vedere Ryoboku che si sviluppano in vasche a sviluppo orizzontale. Solitamente, in vasche a sviluppo orizzontale si tende a decentrare la composizione o su di un lato (con il centro della composizione legnosa sul terzo dell’acquario), lasciando quindi libero l’altro lato della composizione, oppure costruendo due gruppi separati ai due lati, separati da un viottolo centrale. In questo caso si tende a creare un gruppo predominante, più grande, più ricco di dettagli (che sembrerà quindi anche più vicino) e uno più piccolo e “visivamente” più distante.

 

Una bellissima creazione di Diego Marinelli - Foto per gentile concessione: Diego Marinelli

 


Ultimamente il senso di questa tipologia di acquari è stato completamente snaturato, e la maggior parte dei layout legnosi che si possono vedere tra i primi posti delle classifiche internazionali sono delle rappresentazioni in miniatura di giungle, boschi fatati, scorci di taiga, ecc. In questi acquari la cosa fondamentale diventa la cura del dettaglio e la maniacalità della struttura della composizione finale. Se nel Ryoboku classico le specie sembrano (e talvolta lo sono davvero) in continua competizione per gli spazi, negli acquari legnosi “paesaggistici” nulla è lasciato al caso, e i volumi sia delgli arredi sia delle piante sono calcolati al massimo.



Iwagumi: l’acquario di rocce


L’Iwagumi è il prodotto della tradizione e della cultura del popolo giapponese. Il termine "Iwagumi" letteralmente significa "formazione di roccia”,  ed ha radici che affondano profonde nella storia orientale, caricando il termine di un significato spirituale. I giardini rocciosi giapponesi nascono allo scopo di riprodurre il concetto di natura, trovando la massima espressione nel classico giardino zen, dove rimane alla fine solo la nuda roccia. Tuttavia non bisogna farsi trarre in inganno dall ‘impressione di poca naturalezza di questi paesaggi, che sembrerebbe cozzare con l’idea di natura espressa pocanzi. L’Iwagumi viene creato sulla base del ricordo dell’osservazione di paesaggi naturali. Lo scopo quindi non è quello di tradurre in piccolo il paesaggio stesso, ma di rievocarne l’emozione vissuta nell’osservarlo. Il paesaggio ricreato quindi, pur non esistendo in concreto, susciterà l’emozione di osservarlo in quanto manifestazione simbolica della natura.


Fortunatamente per allestire un acquario naturale in stile Iwagumi non sarà necessario nessuna arte meditatoria, e la popolarità che questo tipo di allestimento ha acquisito nell’ultimo decennio ci permette di stillare alcune regole per la sua costruzione che prescindono dalla cultura in cui è nato.

 

Una volta un amico mi disse:


l’Iwagumi puro non può trascendere da concetti che richiedono anni di studio della filosofia alle spalle, ma è altrettanto vero che quello che di solito gli acquariofili occidentali desiderano ottenere non è l'essenza dell’Iwagumi ma la sua estetica esteriore quindi alla fine basta copiare da vicino alcuni layout già noti! Da notare che non tutti gli orientali che realizzano Iwagumi sono in grado di comprenderli o spiegarli. Alcuni di loro li realizzano senza esserne coscienti e ci riescono in base alla loro formazione culturale, altri non capiscono un acca e fanno quello che fa la maggior parte di noi occidentali ... copiano!


Anche se la composizione di un allestimento Iwagumi è semplice, non si può realizzarne uno dall’aspetto naturale senza considerare seriamente l’equilibrio tra dimensioni e orientamento delle rocce.



Scelta delle rocce

 

Le Montagne Inquietanti, di Luca Zivoli - Foto per gentile concessione: Luca Zivoli

 


Il primo passo per la costruzione di un Iwagumi consiste nella scelta delle rocce che andranno a comporre il nostro scenario (diamo ovviamente per scontato la posa del fondo, argomento già largamente trattato in precedenza). La fase della scelta è fondamentale, e sia che essa provenga da una raccolta in natura, sia che la scelta avvenga tra le rocce a disposizione di un negozio, è importante tenere conto di due fattori: la quantità di rocce, e la qualità delle stesse. Questo è importante per due motivi: il primo si riferisce strettamente al numero di pietre da utilizzare in un Iwagumi. La costruzione avviene sempre su una struttura di base a tre rocce, attorno alle quali si possono aggiungere altre rocce “minori”, facendo attenzione che esse siano sempre presenti in numero dispari (o almeno la percezione visiva deve essere quella di un numero dispari di elementi rocciosi). Un altro aspetto da non sottovalutare è dato dal fatto di poter scegliere le rocce che comporranno l’Iwagumi tra un discreto quantitativo di materiale. Questo in natura non sarà difficile, una sana passeggiata oltre a calarci in quella forma mentis di ricerca del simbolismo della natura, ci permetterà di raccogliere un largo numero di rocce. In negozio questa fase è sicuramente più critica: molti negozi che frequentiamo non sono molto forniti, e le rocce più belle sono spesso anche le più costose. A questo punto non vi resta che armarvi di una buona dose di pazienza, virtù che non dovrebbe mai mancare ad un acquariofilo, e cercare in più negozi. Avere poi la fortuna di trovare negozianti molto elastici da farvi scavare tra le rocce a disposizione vedendovi uscire solo con un “grazie” è un altro aspetto importante, ma esula dalla stesura di questo articolo.  Sia che le rocce rimangano nel numero di tre (in questo caso la composizione prende il nome di Sanzon), sia che il numero aumenti, la scelta delle rocce dovrà sempre essere rivolta ad una stessa tipologia. La sensazione che deve dare uno scenario di questo tipo è quella di uniformità, che mista alla sensazione di naturalezza, darà quell’armonia che stiamo cercando di ritrovare con la composizione. Un consiglio è quello di raccogliere/acquistare sempre un numero più alto di rocce rispetto a quelle che avete scelto, questo perché acquario alla mano potrebbero servirvi altre rocce minori con funzioni di appoggio e di aggiustamento finale della composizione di cui non avete tenuto conto in precedenza. Il secondo punto è dato dal fatto che scegliere tra un alto numero di rocce ci darà la possibilità non solo di trovare tutte le rocce che ci servono, ma soprattutto di eleggere la mitologica Main Stone, il vero pilastro dell’acquario di rocce.


La scelta della Main Stone, cioè la pietra principale, o Oyaishi, dev’essere molto accurata. Essa non solo detterà le regole nel resto della composizione, ma sarà la protagonista di tutto lo scenario. Questa roccia dovrà essere un elemento di peso scenico non indifferente (talvolta corrispondente anche ad un peso effettivo altrettanto importante), e dovrà esprimere tutta la forza e la tensione della composizione. È lei che attira lo sguardo, che deve avere quella particolarità, quel taglio, quella zona d’ombra che lei e solo lei è in grado di sostenere. Non credo di esagerare nel dire che questa scelta debba essere dettata soprattutto da un sentimento, il quale poi si rifletterà in tutta la composizione. Non è infrequente riutilizzare più volte la stessa Main in allestimenti successivi, e molti di noi si sono legati a tal punto ad alcuni di questi elementi che trovano difficile rilanciarsi in altre avventure senza di questi ultimi. In questo momento alcuni di voi forse rideranno leggendo quanto scritto, ma posso assicurarvi che alcune scelte sono intrise della passione e dell’amore per quest’hobby. Chiaramente questi elementi non si possono spiegare con un articolo, non si possono neanche imparare, sono sensibilità innate in ognuno di noi, tutto sta nel tirarle fuori ed applicarle.



Iwagumi Sanzon

 

Hardscape

 

Il termine Sanzon si perde nella notte dei tempi, e il suo significato è probabilmente “tre pilastri”. La sua costruzione si basa infatti sulla disposizione di sole tre rocce, una maggiore di cui abbiamo già parlato, la Main Stone, e altre minori di accompagnamento. La simbologia di questo tipo di Iwagumi richiama il Buddismo, (la pietra principale prende difatti anche il nome di grande Buddha) e le pietre minori rappresentano la sottomissione a quella principale. Di solito le pietre si scelgono in base ai loro rapporti di grandezza, e per l’esattezza le pietre secondarie dovrebbero essere rispettivamente 2/3 (Fukuishi) e 1/3 (Soeishi) della pietra principale. Questo principio in acquario non viene tuttavia quasi mai seguito in maniera rigorosa, soprattutto perchè, a differenza degli Iwagumi “terrestri” ai quali questa tecnica si ispira, le rocce che compongono quelli acquatici sono inclinate a seguire il verso della corrente, un concetto da tenere sempre ben presente nella costruzione dell’hardscape dell’acquario. La roccia più grande andrà posizionata seguendo il rapporto aureo, sulla linea che divide il vetro frontale dell’acquario in un rapporto di 1:1.618 (circa i 2/3). La posa delle altre due rocce dovrà seguire quello che viene comunemente chiamata la corrente. Questo significa che le rocce dovranno avere un’inclinazione tale da dare la sensazione a chi le osserva che esse siano piegate al flusso di una corrente immaginaria che attraversi il nostro acquario. Per ottenere questo risultato bisognerà mantenere un orientamento che risulti uniforme, ricreando in questo modo la forza della corrente di un fiume. Se le rocce avranno degli orientamenti scorretti l’allestimento risulterà poco naturale, a causa del fatto che non si riuscirà a percepire il flusso dell’acqua. Attenzione, seguire il flusso della corrente non sempre vuol dire ruotare tutte le rocce nello stesso verso, quello che dobbiamo ricercare è sempre una condizione di naturalezza dell’insieme. Da notare per altro che la direzione della corrente in un fiume reale potrebbe assumere le forme più disparate, e inclinare le rocce nei modi più inaspettati.

 

Un bellissimo layout roccioso di Enrico Serena - Foto per gentile concessione: Enrico Serena

Analisi del layout di Enrico Serena sopracitato - Disegno di: Andrea Tarallo

 

 

Iwagumi a due gruppi


Aumentare il numero di rocce che compongono un Iwagumi significa spesso, ma non sempre, comporre una scenografia con due gruppi distinti di rocce.

 

Un layout di Marco Manganaro - Foto per gentile concessione: Marco Manganaro

 

Nella costruzione dei gruppi che compongono un Iwagumi dovremo sempre avere ben presente le diverse regole fin qui presentate. Ovviamente risulta chiaro che non tutte possono essere rispettate contemporaneamente, fermo restando che l’ultima parola sarà sempre e comunque del nostro gusto estetico, e non sempre seguire delle regole di composizione vi porterà a creare uno buona composizione. La regola più utilizzata in questo stile è la regola dei terzi, facendo cadere le due linee che dividono il vetro frontale in tre parti uguali sui punti focali dei due gruppi. In questo modo daremo molta enfasi ai due gruppi rocciosi. Spesso questo diventa necessario data l’assenza di una vera e propria Main Stone, la quale, anche se presente, non avrà più quel ruolo di centralità che assumeva, al contrario, nel Sanzon. La posizione delle rocce dovrà seguire ancora di più la forza della corrente. Questo perché un gruppo di rocce più grosso risulterà più facilmente innaturale rispetto ad uno più piccolo. Le cose importanti quindi da seguire in questo scenario sono la tessitura delle rocce, che seguiranno un andamento ben preciso e uniforme, e la disposizione delle rocce minori, che assumeranno un’importanza di contorno, allo scopo di dare più naturalezza allo scenario. Anche se le piante potrebbero coprire queste parti, ne risulterà una sensazione di naturalezza, e qualcuna spunterà dalla vegetazione ad aumentarla maggiormente.



Piantumazione nell’Iwagumi


La sensazione che deve trasmettere un Iwagumi è quella di tranquillità e semplicità, e la piantumazione dovrà assecondare questa tendenza. Inoltre non dimentichiamo che le rocce devono sempre restare il punto focale di questo tipo di aquascape, perciò esse non andranno nascoste o smorzate, bensì valorizzate. A questo scopo è importante tenere conto della piantumazione già nel momento della posa delle rocce. Spesso ci si dimentica infatti che le piante, crescendo, tenderanno a coprire i primi centimetro alla base degli arredi, nascondendo talvolta quei particolari che ci avevano spinti alla scelta di una posizione o di una roccia. Molte volte si vedono ottimi hardscape venire meno una volta cresciute le piante. È quindi preferibile utilizzare un limitato numero di specie di piante, quasi mai più di due. La scelta dovrà dirigersi verso piante da prato, e benché questo stile sia nato per accogliere principalmente piante a rosetta (agli albori di questo stile la scelta ricadeva quasi sempre su Echinodorus tenellus) oggi oramai le specie in commercio sono veramente moltissime, e ci si può sbizzarrire come meglio si crede.


Anche la messa a dimora delle piante deve avvenire in modo da dare armonia alle rocce, seguendone l’andamento. Un buon trucco per far crescere le piante in modo che seguano anch’esse la direzione della corrente è quello di mettere la mandata del filtro in modo da creare veramente una corrente che sposti gli steli nella direzione voluta.



La fauna


Talvolta un aspetto sottovalutato è la scelta della fauna. In un acquario in stile naturale è necessario scegliere una sola specie da branco, che grazie ai suoi movimenti quasi sincronizzati dia un ulteriore senso di armonia. I pesci in queste composizioni devono fungere  quasi da contorno allo scenario totale, non devono distogliere l’osservatore dai punti focali della scenografia, e anzi ne devono fare parte, ma in modo molto discreto. Le scelte ricadono spesso su piccoli e semplici caracidi, che ben si adattano alle condizioni di basso pH e KH di solito registrabili in questi acquari. La specie per eccellenza è il Paracheirodon innesi, che assieme al ciprinide Trigonostigma heteromorpha risultano tutt’ora le prime scelte di molti acquariofili. Tuttavia l’avvento sul mercato di moltissime altre specie altrettanto piccole e aggraziate offre una vasta gamma di scelta.

 

Cheirodon sp. - Foto per gentile concessione: Andrea Perotti

 

Oltre alla specie principale, è necessario introdurre in questi acquari, di solito molto spinti a livello di fertilizzazioni e illuminazione, alcuni competitori di alghe e mangiatori di residui organici. Anche in questo caso le scelte ricadranno spesso su Caridina multidentata tra gli invertebrati e Crossocheilus siamensis tra i pesci mangiatori di alghe, ma sono molte altre le specie che possono tornare utili in questi casi.

 

Caridina multidentata - Foto per gentile concessione: Enrico Serena

 

Ricordiamoci tuttavia che questi animali, in quanto tali, vanno rispettati. È pertanto necessario scegliere anche i cosiddetti competitori in base alle loro esigenze di spazi, valori e ciclo vitale.

 

Ultimo aggiornamento (Mercoledì 05 Ottobre 2011 23:14)

 

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